PNRR e piccoli comuni

Come è noto il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) riverserà (lo sta già facendo) sull’Italia intera una discreta somma di denaro:191,5 miliardi di euro da spendere entro il 2026.

Al momento, dall’Unione Europea, sono stati erogati, 45,9 miliardi, mentre altri 21 miliardi sono stati sbloccati di recente, previa verifica degli obiettivi raggiunti, e saranno presto disponibili. Della somma incassata, a fine agosto scorso erano stati spesi 11,7 miliardi di euro, di cui 1,2 miliardi alla voce “resilienza e valorizzazione dei territori comunali”. 

Come ciascuno ben sa, parlare in Italia di territori comunali (di comuni ne abbiamo circa otto mila), di poche centinaia di abitanti a qualche milione, con una manciata di dipendenti a diverse migliaia, non ha un gran senso. E gli esiti possono essere nefasti, addirittura il contrario degli obiettivi pubblicizzati, a cominciare dalla riduzione delle disuguaglianze territoriali.

Una prova l’abbiamo già avuta: nei mesi scorsi il Ministero della Cultura ha messo a bando, con fondi del PNRR, 1,8 miliardi di euro per investimenti nella cultura. I bandi riguardavano il recupero e la valorizzazione dei borghi, la messa in sicurezza dei luoghi di culto, l’efficientamento energetico di musei, teatri e cinema, infine il restauro e la valorizzazione di  parchi e giardini storici.

Gli esiti dei bandi sono stati resi noti  a fine giugno e l’Emilia Romagna si è portata a casa finanziamenti per complessivi 131 milioni di euro. Niente male. Ma come sono stati divisi ? Il 92 per cento di questi fondi, equivalente a 121 milioni di euro, sono andati a finanziare progetti dell’Emilia e solo 10 milioni di euro hanno riguardato la Romagna. In quant’ultima sono stati approvati 29 progetti, nella prima 127.  E’ difficile sostenere che ci sia stata una equa ripartizione delle risorse. E non certo per mancanza di idee progettuali.

Un esito che sta scoraggiando tanti sindaci, a cominciare dai piccoli comuni della nostra provincia, a partecipare ai prossimi bandi. Non perché non hanno bisogno di quei fondi, o siano a corto di idee, ma per l’assoluta mancanza di personale idoneo a gestirne la complessità (i progetti vanno scritti, seguendo certi criteri, poi monitorati e rendicontati).

E’ vero, i Comuni possono assumere, anche a tempo determinato. L’ANCI, l’Associazione dei comuni, ha redatto (maggio 2022)  un quaderno dal titolo evocativo: “Il reclutamento del personale e gli incarichi professionali. Procedure ordinarie e speciali per l’attuazione del PNRR”. Le condizioni sono però tali che pochi, soprattutto i piccoli, si cimenteranno.

Per questi comuni bisognerebbe mettere a disposizione una struttura tecnica di supporto, che li accompagni dall’analisi delle necessità alla partecipazione ai bandi, secondo le linee di intervento cui si riferiscono. Fisicamente e istituzionalmente il luogo indicato potrebbe essere la Provincia. C’è ancora tempo per costituirla ed andrebbe fatta. Qualcosa si è fatto, ma non è sufficiente. Pena il rischio di vedere i comuni medio-grandi prendersi tutto, lasciando il resto del territorio con le briciole. A quel punto più che di ricucitura territoriale, si tratterebbe di un ulteriore distanziamento.