Newster: macchine che sterilizzano… solo per l’estero

La Newster è un’azienda, nata nel 1996, con due sedi produttive, una a Cerasolo di Coriano e l’altra a Serravalle nella Repubblica di San Marino, occupa 20 addetti ed ha un fatturato di circa 5 milioni di euro. Produce e commercializza impianti brevettati e certificati per la sterilizzazione dei rifiuti sanitari infetti (garze, pannoloni, siringhe, bisturi, canule di drenaggio, ecc.) e per il trattamento e la disinfezione di acque di scarico provenienti da strutture sanitarie e laboratori.  Tutti rifiuti sanitari speciali che richiedono uno smaltimento particolare.

Le macchine hanno la struttura di grandi lavatrici, con  un bocchettone in alto per l’ingresso dei rifiuti, che finiscono in un cestello, dove vengono triturati da lame che girano, sterilizzati ed essicati ad una temperatura che può raggiungere 150°C, per essere trasformati in una sorta di granuli, assimilabili ai rifiuti urbani oppure utilizzabili come  combustibile per impianti d’ incenerimento o di recupero energetico (i noti termovalorizzatori, come quello di Coriano, per rimanere in loco).

Nell’anno migliore, che è stato il 2007, prima dello scoppio crisi, l’azienda è arrivata a produrre 60 macchine, poi c’è stato un calo, ma già quest’anno la produzione è tornata sulle 50 unità. Le macchine, interamente progettate dall’ufficio tecnico di Newster,  dove lavorano tre ingegneri meccanici e una biologa, assunta di recente, sono tutte brevettate ed hanno un costo variabile, secondo i modelli, tra 40 e 90 mila euro.    Una rete di terzisti (i locali si sono ridotti per effetto del rientro in fabbrica, da parte dell’SCM, di molte lavorazioni che venivano date fuori) fornisce i  componenti, che in azienda vengono assemblati, collaudati, certificati e, quando la macchina è pronta, spedita.

La singolarità, per fortuna con buoni risultati, è che la quasi totalità delle macchine prende la via dei mercati esteri. Tante in Russia, ma anche in Polonia, Kazakhstan, Romania, Paraguay, Brasile, Iran e ultimamente Vietnam e Australia.  E la lista non è completa. Ogni anno, ci spiega Andrea Bascucci, giovane avvocato ed amministratore della società (fondata, tra gli altri, dal padre), con le nostre quattro persone del commerciale, coadiuvate anche dai tecnici, molti madrelingua, “ci diamo l’obiettivo di aprire 3-4 nuovi mercati. In genere, anche per poter partecipare ai bandi nazionali, costituiamo società con partner locali, che poi si faranno carico della vendita e dell’assistenza post-vendita, non prima aver frequentato, il personale, corsi di formazione direttamente in azienda”.

Andare all’estero, unico mercato rimasto vista l’anoressia di quello nazionale, è per molte aziende una scelta ma anche una necessità, e dovrebbe essere facilitato al massimo. Invece, nonostante il tanto parlare che si fa, la burocrazia (meglio le burocrazie) è e resta infernale. Sentite cosa deve fare una piccola azienda come Newster per partecipare a gare internazionali: recarsi in Tribunale, tempo almeno una mattinata intera, per richiedere il certificato da cui non risultino condanne penali, che l’azienda non è fallita e l’attestato antimafia. Il Tribunale risponderà dopo 7-10 giorni. L’Agenzia delle Entrate, dove bisognerà sempre andare personalmente,  dovrà fornire il documento di regolarità fiscale. Tempo di risposta 30 giorni, costo in bolli 300 euro. Poi c’è il Durc, il documento di regolarità contributiva da richiede all’Inps, l’unica operazione che si può fare on line, senza recarsi negli uffici. Tempi di ottenimento dei documenti richiesti che spesso, quando i bandi non lasciano che 15-20 giorni per formulare l’offerta, rendono impossibile la partecipazione.  Risultato di questo sistema,  che definire inefficiente è poco: maggiori costi e meno affari.  In paesi più attenti alle imprese tutto si fa on line e le risposte arrivano in pochi giorni.

“All’estero, prosegue Andrea Bascucci, noi andiamo in forma individuale e non facciamo sistema. Quando c’è una fiera, la Germania prende un padiglione intero e lì sistema tutte le sue aziende. Facile da individuare e da trovare. L’Italia, come sistema, invece non c’è e ciascuno si arrangia come può, col risultato che trovare le ditte italiane, tutte sparse, diventa un’impresa”.

Se l’estero va bene, sono invece poche decine le macchine installate in Italia, solo due  nel riminese (al Sol et Salus di Torre Pedrera, una clinica privata convenzionata, e nell’ospedale di San Marino)  nonostante gli indubbi vantaggi della loro adozione. Vantaggi costituiti da una riduzione di peso del rifiuto del 25-30 per cento e del volume di oltre il 70 per cento (quattro contenitori di rifiuti speciali, alla fine del processo, ne diventa appena uno).   Meno rifiuto da smaltire vuol dire meno camion, addetti al ritiro, che girano per le strade, quindi meno costi e inquinamento ridotto. Non basta. Smaltire il rifiuto ottenuto, dopo la sterilizzazione,costa tra 0,40-0,60 euro per chilogrammo, contro 1,0-1,50 euro per chilogrammo del rifiuto infetto non trattato, cioè “tale e quale”, come avviene tuttora.

Se è così, Andrea Bascucci e Antonio Baccini, Procuratore Generale Newster che partecipa alla visita confermano, viene da domandarsi come mai il mercato nazionale sia così poco ricettivo.

La risposta probabilmente sta nelle modalità in cui sono costruiti i bandi regionali (la Sanità dipende dalle Regioni) che di fatto assecondano le grandi aziende di smaltimento, quasi sempre partecipate dagli enti pubblici, a scapito però dei contribuenti che devono pagare i maggiori costi.

La risposta data dall’Assessorato Politiche per la Salute dell’Emilia Romagna ad una interrogazione della primavera scorsa del Consigliere Regionale Andrea Defranceschi, del Movimento 5 Stelle, in merito ad un bando di gara indetto della Regione per la “raccolta, trasporto e conferimento ad impianti di smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi” è eloquente: “la Ditta concorrente..(al bando)…deve fornire le informazioni sulla successiva destinazione del rifiuto sterilizzato”.

Cioè, se tu sei un’azienda che fai una macchina che riduce peso, volume e costi di smaltimento, ma non controlli tutta la filiera (cosa che possono fare solo le grandi imprese, partecipate o anche private) non hai i requisiti, quindi non sei preso nemmeno in considerazione.

Allora facciamo un pò i conti di quanto il sistema di raccolta e smaltimento vigente costa in più rispetto all’uso di queste macchine: in Emilia Romagna i rifiuti prodotti dalle Aziende sanitarie pubbliche classificati come a rischio infettivo ammontano a circa 9 mila tonnellate (9 milioni di chilogrammi) l’anno, al costo di 1,20 euro/kg per lo smaltimento (costo medio) fa 10,8 milioni di euro, contro i 4,5 milioni che costerebbero se fossero previamente sterilizzati. Praticamente si risparmierebbe la metà, che in epoca di revisione delle spese non è proprio poco. Moltiplicatelo per tutte al AUSL d’Italia e viene fuori un bel risparmio.

L’Azienda sanitaria di Rimini produce circa 1 tonnellata (1000 chilogrammi) di rifiuti infetti al giorno, e spende per liberarsene 1.200 euro al giorno, a fronte dei circa 500 euro se fossero trattati all’interno degli ospedali.  Alla fine dell’anno il risparmio potrebbe aggirarsi sui 250 mila euro.   E’ così semplice e di buon senso che è preoccupante notare come nessuno, compresi tanti sindaci e consiglieri regionali, che dovrebbero difendere gli interessi dei cittadini-contribuenti, se ne sia accorto.  Non vorremmo che il prezzo di questo silenzio fossero gli utili che le aziende partecipate girano ai soci, compresi tanti enti pubblici.

Andrea Bascucci dice che Newster sarebbe disposta “a mettere a disposizione gratuitamente, per un periodo di sei mesi, dell’AUSL di Rimini (ora Romagna) una loro macchina e di formare il personale,  per poter dimostrare  i buoni risultati ottenibili con il suo utilizzo”. Sono ancora in attesa di risposta. In cambio, c’è sempre qualcuno disposto a protestare contro i risparmi (tagli), spesso per non cambiare niente, anche se più costoso.

L’azienda comunque non si ferma ed ha già in progetto (il prototipo è pronto e stanno iniziando le sperimentazioni) di lanciare sul mercato, nella seconda metà del 2015, una nuova macchina, questa volta  per il trattamento e la neutralizzazione dei rifiuti fluidi di laboratorio. Progetto che ha richiesto l’investimento di 300 mila euro. Eppure, nonostante la Newster non stia proprio con le mani in mano, è da giugno che attende dalla propria banca (una banca regionale) un ampliamento del fido. Questo dopo aver caldamente pregato il direttore a visitare l’azienda per mostrargli quello che fanno. Una cosa che dovrebbe essere normale, ma che, al contrario, raramente accade. A testimonianza della lontananza di troppe banche dal mondo produttivo reale. Attente, le banche, più al passato, i bilanci, che al futuro, i nuovi progetti.