Nasce RiminiBanca

di Domenico Chiericozzi

Dal 29 settembre 2015, data di conclusione dell’iter autorizzativo con Banca d’Italia, il territorio ha un nuovo istituto di credito. Rimini Banca nasce dalla fusione tra due banche di credito cooperativo: Banca di Rimini e Banca Valmarecchia, rispettivamente con 94 e 109 anni di vita alle loro spalle. La notizia, che circolava da mesi, è stata ufficializzata l’8 novembre scorso dopo il via libera delle rispettive assemblee dei soci. Con questa operazione, nel mondo del credito cooperativo locale, sorge una banca con un patrimonio netto di 183 milioni di euro, una capacità di raccolta e di impiego, rispettivamente, di 1,5 miliardi e di 800 milioni, e 4.555 soci. Il CET1 Ratio, l’indice che esprime la solidità della banca, è pari al 19% .

PERCHE’ QUESTA FUSIONE?

Il sistema del credito cooperativo, proprio nel corso del 2015, è scampato per un soffio a una riforma imposta dall’alto dal Governo Renzi. Riforma che invece ha travolto in pieno le banche “popolari” costrette a trasformarsi, per legge, in società per azioni. Una sorta di mutazione genetica.
Federcasse, la Federazione Italiana delle Banche di Credito Cooperativo Casse Rurali ed Artigiane (una sorta di sindacato delle Bcc), ha svolto in questi mesi un lavoro lungo e certosino arrivando a stilare un documento di riorganizzazione del settore per avviare su tutto il territorio nazionale un processo di “autoriforma” dell’attuale sistema che, come vedremo, qualche problema ce l’ha. Basti pensare che nell’elenco delle banche italiane attualmente interessate a procedure di amministrazione straordinaria da parte di Banca d’Italia, su 14 istituti ben 9 sono banche di credito cooperativo, popolari o casse rurali.
Tornando all’autoriforma, secondo quanto riportato pochi giorni fa dal Sole 24 Ore, la bozza che attualmente circola gode già una sorta di “condivisione” tra Governo, Banca d’Italia e Federcasse. Quello che serve è l’approdo in Parlamento.
Il perché di questa importante operazione e i possibili obiettivi futuri di Rimini Banca vanno visti anche in funzione dell’entrata in vigore, il prossimo 1° gennaio 2016, della Direttiva europea Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive), più nota come bail in”. In sostanza, se una banca entra in crisi, ad essere chiamati in causa oltre agli azionisti e ai titolari delle obbligazioni, da ora in poi ci saranno anche i privati correntisti con deposito oltre i 100 mila euro. Tutto ciò per non fare più ricadere sui conti di finanza pubblica il salvataggio delle banche mal gestite. Infine si aggiungono le nuove stringenti attività previste dall’Unione bancaria europea e di vigilanza in capo, oltre che alla Banca d’Italia, ora anche alla Banca Centrale Europea (vedi Basilea 3). Obiettivo del legislatore: tentare di spezzare “per sempre” il legame tra “rischio-banca” e il “rischio-stato”, proteggere la stabilità finanziaria del continente e il denaro dei risparmiatori creando banche sempre più solide, patrimonializzate e con modelli organizzativi adeguati.

COME CAMBIA LA SITUAZIONE DELLE BCC RIMINESI

La situazione cambia, e parecchio. La fusione tra Banca di Rimini e Bcc Valmarecchia è da ascrivere ragionevolmente a quanto appena accennato e alla necessità di rafforzarsi patrimonialmente dinanzi a sofferenze e incagli in crescita.
Uno scenario impensabile solo quattro anni fa. Quanto basta per definire antesignana la fusione tra due altre storiche Bcc del territorio, quelle di San Vito e Santa Giustina e Ospedaletto da cui nacque nel 2002 Banca Malatestiana, passata dal 2002 al 2014 da 18 a 28 filiali, da 114 a 221,6 milioni di patrimonio netto, da 2.104 a 4.885 soci, da 787 a 1.352 milioni di raccolta e da 386 a 877 milioni di impieghi.
Numeri complessivi che descrivono in provincia la presenza di un “polo” locale del credito cooperativo tutt’altro che trascurabile.
Su 278 sportelli complessivi presenti in provincia, Rimini Banca e Banca Malatestiana possono contare su 60 sportelli (32 più 28). Poco più del 21%. Se a queste aggiungiamo la Banca Popolare Valconca (la “nostra” unica popolare), si sale al 35%. Poiché solo la Cassa di Risparmio di Rimini (che invece è una società per azioni), in provincia di Rimini ne conta 44, si delinea un territorio coperto a metà tra banche locali e nazionali suddivise in due forme giuridiche diametralmente opposte: la società per azioni e cooperative. Dati di fatto che attribuiscono ai “nostri” istituti pesi e responsabilità non da poco sugli assetti attuali e futuri del tessuto economico e sociale.

“NON UNA SEMPLICE SOMMA”

Ma che cos’è Rimini Banca o, meglio, cosa non è?
“Non è una semplice sommatoria tra due banche – sottolinea il presidente Fabio Pula -. Nasce a tutti gli effetti una nuova banca, sulle solide fondamenta delle due Bcc interessate alla fusione, libera, senza etichette. Una banca non digitale, ma fortemente umana, di relazione e di comunità, prontissima anche ad allargare la propria base sociale. Nasce da un’idea strategica e da una consapevolezza”.
Quale?
“L’attuale modus operandi delle banche non è più idoneo. Serve un nuovo modello organizzativo. Lo dico esprimendo due concetti: cambiamento e innovazione. Servono anche scelte drastiche sul modo di fare impresa. Per questo stiamo già lavorando, ad esempio, a trasformare le singole filiali. Non dovranno più essere luoghi burocratici, ma luoghi in cui si viene accolti, famiglia e imprese. Luoghi da riempire poco a poco di contenuti. Penso ad esempio alla nostra bellissima Valmarecchia. Le relative filiali saranno più specializzate e orientate alle esigenze del settore agroalimentare. Mentre quelle sulla costa, più connesse ai temi inerenti il turismo. Non immaginiamo più una banca classica. Ci immaginiamo virtualmente nei consigli di amministrazione delle imprese, con la banca che diventa anche lo strumento per agganciare delle opportunità”.
Un esempio?
“Uno su tutti è quello relativo ai mini bond di territorio. Valutiamo le prime emissioni entro il 2016. I risparmiatori potranno investire in mini bond garantiti dalla nostra banca che finanziano progetti per reti di imprese locali su progetti di filiera”.
Quale sarà la sfida più importante in questo processo di fusione?
“Sarà un percorso complesso. Un aspetto molto importante sarà quello di coinvolgere adeguatamente tutti i dipendenti. Non vogliamo una banca di poltrone ma di biciclette, una banca attiva, in grado di ascoltare il territorio e dare risposte affinché la finanza rimanga sul territorio. Perché si capisca, ad esempio, che depositano i propri risparmi in una banca locale, si pratica finanza a chilometro zero. Non è così rivolgendosi a una banca a livello nazionale”.
Il processo di autoriforma delle Bcc prevede una revisione integrale del sistema del credito cooperativo. Come la giudica e che cosa auspica per il nostro territorio?
“La riforma è molto spinta dalla vigilanza europea. In Italia ci sono circa 520 banche di cui 370 circa sono banche di credito cooperativo. In gran parte piccole realtà, comunque banche universali nel senso che in linea teorica possono svolgere qualunque attività. Con iperautonomie e governance non sempre adeguate che spesso hanno provocato forti crisi. Così non è più possibile andare avanti. Occorre creare, come avviene già in altri contesti del credito cooperativo in Europa, un unico gruppo bancario cooperativo dove le varie Bcc, pur diventano un soggetto controllato, potranno mantenere la propria autonomia. Porto come esempio l’immagine di dei grappoli d’uva. Dove ci saranno chicchi più o meno grandi, che rappresentano le varie Bcc, ma unite alla capogruppo che garantisce le stesse banche e le controlla con un sistema di vigilanza (quello della Bce e della Banca d’Italia) che così si somma alla vigilanza interna. Un modello in grado di rendere le Bcc banche tra le più sicure del sistema. Per noi è fondamentale dare le massime garanzie ai risparmiatori”.

Chiediamo precisazioni sulla nuova banca anche al neo Direttore generale Gianluca Conti.  Lei ha parlato della necessità di “ascoltare” le esigenze del territorio e rispondere con prodotti adeguati. Può farci un esempio riferito al segmento imprese e un altro riferito al segmento famiglie?
“Oggi uno dei problemi che più assilla le famiglie è il timore della perdita del posto di lavoro. A questo riguardo offriamo un prodotto ad hoc, una garanzia assicurativa che protegga il nostro cliente nel caso in cui, ad esempio, abbia un mutuo e sia impossibilitato a pagare le rate. Inoltre proponiamo dei piani previdenziali per favorire lo studio e quindi il futuro dei ragazzi, ai quali abbiamo dedicato un conto corrente a costo zero, con bancomat e servizio di home banking totalmente gratuiti. Vogliamo inoltre coinvolgere i giovani nei progetti della Banca: non solo con l’assegnazione di borse di studio, ma anche tramite comitati interni finalizzati all’ascolto e al confronto con un mondo in continuo movimento.
Con il programma “Portaci la tua idea!” abbiamo avviato un dialogo sul tema delle start-up, ma non solo. Il nostro obiettivo è proprio quello di modificare radicalmente il rapporto banca-impresa, nel senso che intendiamo essere al fianco degli imprenditori nella loro attività: non siamo solo una banca a cui richiedere prestiti, ma una banca con cui condividere progetti. Per questo abbiamo attivato tutti gli strumenti che favoriscono gli accessi al credito come il Fondo Centrale di Garanzia”.
Cosa c’è “che va” e che cosa “non va” nel nostro tessuto economico?
“Il nostro territorio esprime già grandissime potenzialità ed eccellenze, forse a volte manca la volontà di mettere tutto a sistema: solo così, attraverso la fiducia reciproca, potremo riattivare il circuito virtuoso del valore. Compito della nostra banca sarà creare un ponte con gli imprenditori e fra gli imprenditori: le nostre Conversazioni Imprenditoriali (incontri che abbiamo organizzato nel mese di maggio) sono solo un esempio dell’impegno che mettiamo a servizio della comunità”.