Muoversi a Rimini

Era stato scritto che in una società iper connessa ci sarebbe stato meno bisogno di muoversi: ma non è proprio così. Almeno fino ad oggi. Il telelavoro, cioè lavorare a casa invece di recarsi in ufficio non ha preso piede, la condivisione dell’auto, anche quando ce ne sarebbe la possibilità, non è molto praticata, chi abita anche a pochi chilometri dal lavoro quasi sempre preferisce l’auto alla bici.  Auto, fateci caso al mattino o la sera, quando si va o si torna dal lavoro, che viaggiano quasi sempre con una persona. Chiaramente uno spreco, di benzina e di spazio pubblico (strade, aree di sosta, rumore, traffico, ecc.).  La crisi avrebbe dovuto convincere un po’ di persone ad utilizzare di più  il mezzo pubblico, ma non sembra, visto che anche questi, a parte quelli scolastici, viaggiano quasi sempre mezzo vuoti.

Secondo l’ultimo Osservatorio 2014 sulla mobilità sostenibile in Italia, edito da Euromobility con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, nella città di Rimini circolano 54 auto ogni cento abitanti, in linea con la media dei maggiori capoluoghi italiani, ma decisamente superiore allo stesso dato europeo che è di 48 auto per cento residenti. Negli ultimi anni questo indice non è aumentato, è questo se vogliamo è un piccolo segnale di cambiamento. Oltre la metà delle auto in circolazione sono euro 4 ed euro 5, invece sono ancora poche le euro 6 (euro più alto=meno emissioni in atmosfera).  Le città più ecologiche sono Aosta, Trento e Bolzano, dove le auto da euro 4 in su raggiungono l’85 per cento del totale.  Chiaramente questi dati non tengono conto, per Rimini, del flusso turistico, che in larga maggioranza si muove in auto.

Dove invece Rimini supera abbondantemente la media è nell’indice di motorizzazione da motocicli: ce ne sono 21 ogni cento abitanti, quando la media nazionale non arriva a 14.

In compenso Rimini ottiene un buon posizionamento nell’utilizzo di veicoli a basso impatto ambientale: vanno a gpl il 10% e a  metano il 5%, mentre sono veramente poche unità (0,15%) le auto elettriche (la media nazionale dei veicoli a basso impatto è dell’8%). In Emilia Romagna fanno meglio, nell’ordine: Ravenna, Bologna, Ferrara, Reggio Emilia e Forlì.

Tante auto e  motocicli in circolazione, ciascuno con la sua dose di emissioni, non favoriscono la qualità dell’aria, che per una località turistica dovrebbe costituire un elemento di priorità: nel 2014, in via Flaminia di Rimini, le giornate di sforamento dei limiti consentiti per le polveri sottili PM10  (50 µg/m3) sono state 52 (e sono  già 25 le giornate di superamento solo fino a metà marzo di quest’anno). Nel 2013  i superamenti erano stati 68, 88 nel 2012 e 72 nel 2011. Le giornate di sforamenti sono in calo, ma sempre sopra il limite consentito e per risalire all’ultimo anno completamente a norma bisogna tornare al 2009.  I mesi col maggior numero di sforamenti si confermano essere quelli invernali, quando oltre alle auto ci sono anche le emissioni dei riscaldamenti.

A questo punto ci sarebbero tutte le condizioni (tante auto e moto che producono traffico e in più  inquinano), complice involontaria anche la crisi che riduce i bilanci familiari, per rilanciare il trasporto pubblico (TP), che stenta però  a farsi largo (anche se l’ultimo rapporto Eurispes scrive che la metà circa degli italiani lo utilizzerebbero di più).   Anzi, dall’anno 2000 al 2010, il numero dei viaggiatori l’anno per abitante sono scesi, a Rimini capoluogo, da 99 a 88. Nei due anni successivi c’è stata una risalita, poi però di nuovo una caduta, per stabilizzarsi a  96 viaggiatori per residente nel 2013.  Sono numeri che non sfigurano nel contesto regionale, dove solo Bologna e Parma fanno meglio, ma va considerato che quelli di Rimini comprendono anche i viaggi dei turisti.

Complessivamente, nel 2013, sui mezzi pubblici riminesi sono stati trasportati 13,9 milioni di passeggeri (21 milioni nell’intera provincia), qualcosa in meno dell’anno prima, ma  oltre un milione e mezzo in più del 2010.   Una tendenza condivisa, per lo stesso periodo, con i comuni capoluogo dell’Emilia Romagna, mentre sull’intero territorio regionale il numero dei viaggiatori del TP mostra una certa stazionarietà e dal 2009 non si raggiunge il numero di viaggiatori-obiettivo (nel 2013  l’obiettivo era 270 milioni di passeggeri, se ne sono contati 259 milioni).

C’è un problema di passeggeri da conquistare, ma anche di costi da coprire. Perché con la vendita dei biglietti e degli abbonamenti si riesce a coprire appena un terzo dei costi di esercizio del servizio, restando l’obiettivo di arrivare almeno al 35% stabilito per legge ancora  lontano.  Nel 2012 (ultimo dato disponibile) ogni viaggiatore trasportato in regione costava 1,54 euro, ma solo 0,51 euro veniva coperto dal biglietto. Rappresenta il 33%,  a fronte di un 32% nazionale, contro il 46 % in Francia, il 58 % in Spagna, il 64 % nel Regno Unito e l’83 % in Germania. La contribuzione pubblica in Italia raggiunge i 2,4 euro in conto esercizio per ogni chilometro di servizio, contro i 2,2 €/km della Francia, 1,7 €/km della Spagna e solo lo 0,9 €/km della Germania e 0,8 €/km del Regno Unito.

Va da se che la differenza deve essere coperta dal Pubblico, che per il bacino di  Rimini vuol dire contributi regionali, per circa 15 milioni di euro l’anno, e comunali, mediamente un altro 5 per cento del totale dei contributi pubblici erogati (Rapporto annuale di monitoraggio 2014 della Regione Emilia Romagna).

Ora, sicuramente il futuro assetto di una Agenzia romagnola merita una attenta riflessione, ma non prima aver trovato la risposta a tre quesiti fondamentali:

  1. come facilitare la mobilità con i mezzi pubblici, senza dover utilizzare il mezzo privato, nell’area della Romagna, in particolare lungo la costa. Per esempio in alcune città del mondo ha dato risultati rendere il trasporto pubblico gratuito, almeno nelle ore di punta. A Templin, Germania, Hasselt, Belgio, Changning, Cina e dal 2013 Singapore, la misura ha dato ottimi risultati;
  2. cosa fare per rendere attrattivo e competitivo il trasporto pubblico locale;
  3. come rendere più aperta alla concorrenza la gestione del servizio, stimolando il perseguimento della riduzione dei costi operativi e l’offerta di un servizio di qualità. Solo meno della metà dei capoluoghi di provincia (53 su 110), in Italia, hanno indetto una gara per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale negli ultimi dieci anni.

L’esempio di Londra forse può aiutare. Prima della riforma del 1984 (London Regional Transport Act ), i servizi di trasporto locale a Londra erano forniti da una società pubblica, che nel 1985 fu divisa in tredici sussidiare, una per area geografica, poi privatizzate. La prima gara si è svolta nel 1985 e fino al 1994 la competizione per il mercato ha visto coinvolte le tredici società e un gruppo emergente di operatori privati. Col tempo, un numero sempre superiore di rotte sono state messe a gara e dal 2001 il servizio di trasporto locale londinese è affidato solo tramite gara. I contratti attualmente utilizzati sono i Quality Incentive Contracts: contratti quinquennali che prevedono che il rischio di domanda venga trattenuto dal partner pubblico, ma con incentivi legati alla qualità del servizio.

Devono essere questi i primi argomenti da trattare,  perché tutto il resto viene di conseguenza. Rimini, nella classifica sulla mobilità sostenibile, stilata da Euromobility,  è al 37mo  posto  tra le principali 50 città italiane. Non proprio una posizione che possa definirsi avanzata.

Aumentare, quindi, il numero dei passeggeri trasportati (un bus che viaggia semi vuoto ha lo stesso costo di uno pieno) è quasi un imperativo. Come fare dovrebbe costituire il centro del dibattito, anche locale.  Confronto che invece si sta concentrando sul futuro assetto dell’Agenzia per la Mobilità Romagnola (AMR), che avrà compiti di programmazione e che dovrebbe assorbire le singole agenzie provinciali, compresa quella di Rimini (che ha accumulato debiti per 9 milioni di euro), attualmente controllata dal Comune capoluogo.

Sull’opportunità dell’operazione di fusione, già deliberata dal Consiglio della Provincia di Rimini, va tenuto presente che fino ad oggi l’autonoma programmazione provinciale ha comportato che ciascuno facesse per se, senza minimamente coordinarsi col resto, col  risultato che se un turista, ma anche un residente, da Cesenatico voleva venire a Rimini, e viceversa,  doveva cambiare mezzi, percorrere qualche chilometro a piedi in strade semi buie nelle zone di confine (con grandi preoccupazione dei genitori per i figli giovani) e pessima figura verso  tutti i visitatori (italiani e stranieri) i quali non capiscono come questo sia  possibile all’interno di uno stesso bacino turistico (la Riviera romagnola), con la Regione che stava a guardare.