Le start up della Romagna prendono poco

All’inizio del 2022 in provincia di Rimini si contano 102 start up innovative (giovani imprese in fase di avviamento), il dieci per cento circa del totale regionale, dove sono più di mille. In rapporto alle imprese attualmente attive (34.720) sono lo zero virgola. Non sono tante, ma su di loro si fa affidamento per le potenzialità che possono esprimere. Anche se al momento nessuna è riuscita a raggiungere numeri importanti.

A fine dicembre 2021, rispetto allo stesso periodo dell’anno prima, ce n’erano otto in più. Purtroppo non si tratta però di un avanzamento ma di un recupero, perché siamo ancora sotto le 113 start up che figuravano alla fine del 2019.

Tre su quattro delle locali start up sono attive nei servizi e meno di una su cinque nell’industria. A sorpresa, considerando il ruolo del turismo, pochissime, appena il due per cento, si cimentano nel campo dei servizi in questo settore.

Sono ancora piccole imprese, con una fatturato che raramente supera 100 mila euro, ed un numero di addetti quasi sempre sotto le dieci unità.

L’ambiente produttivo locale, come è normale, condiziona il campo delle attività: lo conferma il fatto che nelle province emiliane le start up che intraprendono nell’industria sono molto più numerose.

Contesto e sistema produttivo non sono però senza conseguenze. Perché nell’ultimo (dicembre 2021) bando regionale di finanziamenti alle start up innovative, su 18 progetti finanziati, per un importo complessivo di 2,5 milioni di euro, ben 16 hanno sede nelle province emiliane. Solo una a Rimini: con un finanziamento di 140 mila euro.

Non c’è, invece, ombra di Romagna, nelle “imprese culturali e creative e innovazione nei servizi” finanziate nell’ambito dello stesso bando: otto in tutte e la più a sud è di Imola. Eppure, a Rimini, le imprese in questo ramo sono più di mille ed offrono lavoro a tre mila persone.