Le pagelle degli Ospedali di Rimini

Nel periodo 2002-2009 la spesa pubblica complessiva dell’Italia è cresciuta del 39,3 per cento,  poi è arrivata la crisi e nel triennio 2010-2012 è scesa dell’1,8 per cento.  Però non tutti i settori dell’amministrazione pubblica sono stati sono stati colpiti in misura eguale. Tra i salvati sono da annoverare gli enti di previdenza e quelli sanitari.

Infatti, la spesa per la sanità nazionale, nonostante le sforbiciate del Governo Monti, passerà da 110,8  miliardi di euro del 2012 a 115,4 miliardi nel 2015 (anche se le Regioni parlano di una riduzione complessiva di spesa per la Sanità, tra il 2011 e il 2015, di 31 miliardi di euro).  La salute, lo sappiamo, è un servizio importante per il benessere dei cittadini, i quali però devono essere anche coscienti dello sforzo che si sta facendo (senza giustificare sprechi e cattive gestioni).

Spesso non è facile essere informati se il proprio sistema sanitario di riferimento sia migliore o peggiore di altri, a parte casi eclatanti di mala sanità che fanno sempre più notizia delle buone gestioni. L’Emilia Romagna spende per la sanità regionale, ogni anno, circa 1.900 euro per residente, che grosso modo coincide con  l’importo medio nazionale. Non è poco, ma in ogni caso è  meno, anche se di poco, della media dei paesi più sviluppati. Aggiungiamo, a scanso di equivoci, che dove la presenza della sanità privata ha ben altro peso, come negli Stati Uniti, la spesa sanitaria è più del  doppio e la qualità lascia molto a desiderare, soprattutto per chi non può pagare (la spesa sanitaria statunitense è stata del 17,1 per cento del pil nel 2011, a fronte del 7,1 per cento dell’Italia).

Per eliminare poi eventuali dubbi o speculazioni, sempre alimentate, sulle ricadute dell’immigrazione nei costi della sanità c’è da aggiungere che una ricerca recente dell’America’s Institute of Medicine (IOM), quindi non influenzato dal dibattito nazionale, ha dimostrato che la spesa sanitaria non è inficiata dalla nazionalità dei pazienti (cioè dagli immigrati), ma da altri fattori.

I cittadini, considerando anche l’investimento che lo Stato  fa (con le tasse di chi le paga), si attendono servizi e cure di qualità.  Il sistema sanitario di Rimini, in particolare i suoi Ospedali, stando alle pagelle dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari (Agenas) del Ministero della Salute, sembra rispondere positivamente a questa domanda.

Infatti, prendendo come indicatore il numero dei decessi o delle ricadute per particolari tipologie di ricoveri, le percentuali, salvo un paio di casi, sono sempre al di sotto (in questo caso è un segnale positivo!) delle medie nazionali. Alcuni esempi: i decessi per infarto al miocardio sono il 7,5 per cento all’Ospedale Infermi di Rimini, a fronte di un dato nazionale del 10,9 per cento; i decessi per uno scompenso cardiaco colpiscono il 6,5 per cento  contro l’8,7 per cento; per un tumore al colon muoiono il 4,2 per cento dei ricoverati, uguagliando il valore nazionale; per un ictus, vengono invece ricoverati di nuovo, dopo 30 giorni, il 15,5 per cento dei pazienti di Rimini, a fronte del  10,8 per cento nazionale.

In provincia di Rimini la speranza di vita è migliore della media regionale ed aver un buon sistema sanitario certamente aiuta. I  risultati lo confermano, ma questo non toglie che il miglioramento e la razionalizzazione del servizio e della spesa devono procedere senza sosta. La futura Ausl unica della Romagna deve partire da qui ed andare avanti.