Le disuguaglienze territoriali

Da qualche numero stiamo trattando delle disuguaglianze territoriali nella produzione di ricchezza, che poi a cascata si traducono  in salari e pensioni più basse, perché non si può redistribuire quello che non si è creato, salvo prenderlo da qualche altra parte.

Un fenomeno, questo delle differenze tra le maggiori città e tanti comuni del nostro entroterra,  cui raramente si presta l’attenzione che meriterebbe, ma che può essere gravido di conseguenze, anche da un punto di vista politico.

Alcuni studiosi come Joan Rosés, professore alla London School of Economics  e  Nikolaus Wolf, capo economico alla Humboldt University di Berlino, che di recente, raccogliendo i dati di 173 regioni, hanno pubblicato un rapporto dal titolo significativo “Il ritorno delle disuguaglianze regionali: Europa dal 1900 ad oggi”, il problema è tutt’altro che locale o regionale ed investe tutto il mondo.

Sta succedendo, cioè, che la produzione di ricchezza, grazie anche alla diffusione delle nuove tecnologie, si va concentrando in spazi sempre più ristretti, prevalentemente le maggiori città, lasciando le periferie, spesso i vari entroterra, sempre più indietro.   Con una novità: che le linee di demarcazione in termini di sviluppo non sono più, o non soltanto, i tradizionali nord (sviluppato) e sud (meno sviluppato), geograficamente ben separati, ma si insinuano all’interno delle stesse aree avanzate. Così può capitare che a pochi chilometri da una città, divenuta polo di attrazione di imprese molto innovative e competitive, si possano incontrare gruppi di comuni in grande sofferenza.

E’ questo un esito che pare venga da lontano e che dipende solo relativamente dall’ultima crisi.  Perché, secondo gli studiosi citati, se dalla fine della seconda guerra alla metà degli anni ottanta del secolo scorso, è esistita una certa tendenza alla convergenza, o quanto meno un avvicinamento, tra le regioni e i territori, da quella data, con il prevalere, sul piano economico, delle idee liberiste  e della diffusione delle tecnologie digitali,  più o meno graduate, le differenze sono riprese ad aumentare.

La ricchezza, cioè, prima di accumularsi in poche mani, si concentra in territori ristretti, per lo più urbani. Accade negli USA, in Europa e anche in Italia.  Dove oltre la metà dei comuni (circa otto mila) si trovano nelle aree interne, occupano il sessanta per cento della superficie, ma accolgono meno di un quarto della popolazione.  Anche per effetto dello spopolamento, causato da una mancanza di opportunità economiche.

Qualcosa di simile si osserva anche in Romagna, anche se non sempre i comuni  dell’entroterra appaiono svantaggiati. Almeno da un punto di vista economico, ma poi ci sono da mettere in conto anche i servizi, concentrati nei capoluoghi, almeno quelli essenziali.

Abbiamo parlato, all’inizio, delle conseguenze politiche  che  il riaprirsi del fronte delle divaricazioni genera. Quali ?  Tutte le aree, in tutte le parti del mondo, che si sentono in ritardo e abbandonate esprimono sempre più il loro disappunto dando la preferenza a partiti di destra e populisti.