Lavoro in discesa e Reddito di cittadinanza in Romagna

Pensato come ammortizzatore della povertà, prima dello scoppio della pandemia, il reddito di cittadinanza rischia di vedere ingrossare i suoi numeri, come conseguenza del calo dell’occupazione  provocato dall’ultima crisi sanitaria in corso.

Che sta colpendo tutti e non solo alcune regioni. L’Emilia Romagna, solo nel secondo trimestre 2020, ha perso 68 mila occupati, in maggioranza  donne. E siccome sanno di non trovarlo è anche diminuito il numero delle persone che cercano lavoro. Anche in questo caso a rinunciare sono soprattutto le donne. 

In parallelo, ma era inevitabile, crescono gli inattivi, le persone che pur potendo non si presentano sul mercato del lavoro. Ed ancora una volta ad allungare le fila degli inattivi sono prevalentemente le donne.

In provincia di Rimini, stando alle elaborazioni della Camera di Commercio della Romagna, nel secondo trimestre 2020, in comparazione allo stesso periodo del 2019, il tasso di occupazione (quanti lavorano ogni 100 persone) è sceso di quasi tre punti (dal 67,6 al 64,8 %), in tanto che il tasso di disoccupazione (quanti non lavorano ogni 100 persone) è salito di quasi due punti (dal 7,8 al 9,6%).

In una situazione riminese in cui il turismo sta perdendo la metà dei pernottamenti e la Cassa integrazione guadagni, nel periodo gennaio-settembre 2020, rispetto ai primi nove mesi del 2019, è aumentata del 1.339,2% , per un totale di 14,2 milioni di ore autorizzate, è difficile attendersi una chiusura d’anno positiva.  

Ora, considerando che la crisi occupazionale si innesta, per cento non migliorandola, sul numero delle persone percettrici del Reddito e delle Pensioni di cittadinanza, che nel periodo aprile 2019-settembre 2020, sono state 7 mila a Rimini, quasi 8 mila a Ravenna e più di 6 mila a Forlì-Cesena, con importi di poco sopra i 400 euro per il reddito e intorno a 200 euro per le pensioni, non c’è da sorprendersi se la povertà aumenta, come ha di recente confermato anche la Caritas.

Non è un problema solo locale, ma questo non esime nessuno dal non pensare come alleviare, prima, il disagio sociale che è destinato a crescere, in seconda battuta come recuperare ed aumentare i posti di lavoro, in un territorio che stabilmente offre minori opportunità d’impiego qualificato (per stare al passo con Modena servirebbero 10 mila posti di lavoro qualificati in più). Al netto delle imprese che non trovano le figure che cercano per la mancanza di un serio raccordo tra domanda e offerta.