La spesa sociale dei comuni prima e dopo il covid

Oramai non c’è  intervista, articolo e intervento che non arrivi alla conclusione, a volte poco rassicurante, che passato il covid-19 la società non sarà più come prima. Non sappiamo esattamente dove si andrà a parare, ma visto la voglia di tornare alla normalità di prima che si respira in giro, su un aspetto sicuramente qualcosa di vero c’è.

L’economia dell’Italia, che non aveva ancora recuperato le perdite subite per la crisi finanziaria del 2008, tornerà ai livelli pre-virus non prima del 2022-’23,  se va bene. Per lo sviluppo sono più di dieci anni persi. In questo periodo tanti avranno perso il lavoro, basta guardare alle mancate assunzioni del turismo, molte imprese, in particolare piccole, potrebbero chiudere, l’occupazione probabilmente subirà più di un cambiamento.

Situazioni che mettono in difficoltà tante persone, a cominciare da quelle più fragili, e fanno intravvedere una domanda crescente di sostegno economico e sociale. Domanda che ricadrà, in buona parte, sui comuni, in quanto  Enti più vicini ai cittadini. Comuni che sono anche loro in difficoltà per il calo delle entrate e che avranno, di conseguenza, non pochi problemi a soddisfare tutte le richieste.

Proviamo allora a fotografare la situazione attuale per intuire i possibili sviluppi futuri.

La spesa sociale corrente dei comuni della provincia di Rimini, stando agli ultimi dati Istat disponibili e che si riferiscono al 2016, è di 969 euro per beneficiario nel Distretto di Rimini Nord, dove gli utenti dei servizi sociali sono più di 20 mila, e di 653 euro per utente nel Distretto di Rimini Sud, dove gli utenti sono circa 19 mila. In totale stiamo parlando di un residente su sei.

L’identica spesa sociale raggiunge 619 euro per utente nel Distretto di Forlì e di 851 euro per utente in quello di Ravenna, a fronte di una spesa media regionale per beneficiario di 727 euro.  Da cui di deduce che mentre Rimini Nord e Ravenna sono sopra la media regionale, Forlì e Rimini Sud restano sotto.

Nel dettaglio, fatto uguale a cento i circa 19 milioni di euro che spendono nel sociale i comuni del Distretto di Rimini Nord: 58 sono dedicati a famiglie e minori, 19 agli anziani, 7 alla disabilità, 2 a povertà e disagio, 0,6 agli immigrati. Il resto va per le multiutenze.

I comuni del Distretto di Rimini Sud spendono complessivamente meno, poco più di 12 milioni di euro. E fatto, anche qui, uguale a cento il totale, la spesa viene ripartita come segue: 49 per interventi a favore di famiglie e minori, 20 per la disabilità, 9 per gli anziani, meno di 4 per la povertà, 0,3 per gli immigrati.

Porzioni maggiori suggeriscono una spesa in valori assoluti più elevata, ma dato che il pubblico cui si rivolge è spesso piuttosto numeroso, che vuol dire tanti utenti da soddisfare, le cifre pro capite ne escono fortemente ridimensionate.

E’ il caso, in entrambi i Distretti di Rimini, della spesa pro capite per l’utenza “famiglie e minori”, appena sopra i 200 euro, che rappresenta l’importo minore in Romagna ed un terzo più basso di quanto avviene in regione.

Lo schema si ripete per l’assistenza agli anziani, dove Rimini Nord spende 77 euro per utente, la cifra più elevata in Romagna, ma Rimini sud si ferma a 45 euro, figurando la spesa più bassa. Servizi agli anziani dove è tutta la Romagna, Forlì e Ravenna compresi,  a risultare in forte ritardo nei confronti delle province emiliane.

Ritardo ancora più consistente, se paragonata alle altre due province della Romagna, per gli importi destinati all’immigrazione e ai nomadi: 5 euro per utente è quanto spende Rimini Nord, 42 euro Rimini Sud, a fronte di un importo medio regionale di 74 euro.

Infine la povertà e il disagio, aree dove prevedibilmente bisognerà spendere di più nei prossimi anni, perché attualmente la spesa dedicata è veramente bassa: 3 euro nel Distretto di Rimini Nord, il doppio, 6 euro, quello Sud. Ma sempre molto poco comparato con la media regionale che è di 15 euro. Che pure non è particolarmente elevata.

La spesa per utente sale, invece, per i disabili, nonostante non rappresentino la fetta più grossa della torta sociale.   

Infine una osservazione da tenere presente: come si può notare agli immigrati e ai nomadi, un tema caldo dell’attuale dibattito pubblico, va una fettina molto piccola della spesa sociale complessiva, che si traduce in importi per utenza veramente modesti. Sicuramente inferiore al loro apporto all’economia nazionale.

Dati più recenti, del 2018, sulla finanza del territorio, pubblicati  dalla Regione Emilia Romagna, che ha elaborato i consuntivi dei bilanci comunali dimostrano che la spesa sociale media regionale per residente, considerando solo la spesa corrente, è di 168 euro, che sale a 236 a Parma, la provincia con l’importo più alto, ma scende a 135 euro a Forlì-Cesena, 136 a Rimini (che diventa però 192 euro nel comune di Riccione e 165 euro a Rimini) e 160 a Ravenna.

Anche se le due elaborazioni, quella Istat e quella regionale, impiegano indicatori non immediatamente confrontabili, emerge comunque un ritardo, a volte più accentuato altre meno, nella spesa sociale di tanti comuni della Romagna. Ritardo che va affrontato e recuperato per fare fronte ai nuovi bisogni.  

Gli annunci di tanti comuni che, di fronte alla crisi sociale del momento,  non taglieranno la spesa sociale è un bene, ma non sfuggirà che col crescere della domanda questa va sicuramente  aumentata. Tanto più se ci sono dei ritardi pregressi da colmare.