La solitudine delle “primarie” riminesi

Con un comunicato del 20 ottobre,  il PD locale, in stile un po’ burocratese,  rende noto il suo modo di intendere le primarie (la scelta del candidato a futuro sindaco di Rimini): “I candidati del Pd dovranno attenersi alle regole statutarie per la selezione dei candidati (sono necessarie il 35% delle firme dell’assemblea comunale, composta da 153 membri, o il 20% delle firme degli iscritti, che sono 1.839, alla data di approvazione del regolamento)”. Niente partecipazione “primaria” quindi per simpatizzanti ed elettori, che resteranno spettatori nella fase più importante di scelta dei concorrenti.

In un precedente intervento, con l’intento di stimolare un maggior coinvolgimento della società,  avevo auspicato “primarie aperte”, regole semplici e un sistema pubblico di raccolta delle firme. La risposta è andata in tutt’altra direzione: le primarie sono innanzitutto un fatto interno al PD, così la raccolta delle firme (con esiti non proprio esaltanti).  Una scelta ovviamente legittima, ma che restringe, invece di ampliare, la partecipazione.  Contraddicendo l’idea stessa delle primarie.

Perché così regolamentate da dove potranno venire i candidati del PD ?  Ovviamente dal PD medesimo, come infatti sta avvenendo. E limitatamente alla sola componente maschile del PD. Non è infatti un caso che non si intravvedano candidati donne (dopo mezzo secolo sarebbe stata una piacevole novità).

Formalizzati i candidati  con le sole firme degli iscritti (che rappresentano appena l’1,6% del corpo elettorale e il 9% degli elettori del PD, stando alle ultime elezioni regionali), agli elettori che concorreranno alle  primarie non rimarrà quindi che “la seconda scelta”. Avranno cioè solo la facoltà di indicare un nome da una lista  di cui non sono stati resi minimamente partecipi. J.Habermans, filosofo tedesco, ha scritto di recente che “la democrazia dipende interamente dalla convinzione della popolazione che un margine a sua disposizione per poter delineare collettivamente un futuro stimolante e interessante esiste davvero”. Ma in questo caso il margine a disposizione della popolazione è veramente ristretto.

 Questa chiusura verso l’esterno  potrebbe rivelarsi controproducente per due buone ragioni:

a. perché non è dimostrato che il Partito si riveli il miglior fornitore  di candidati vincenti; 

b. perché i risultati delle ultime tornate elettorali avrebbero consigliato un diversa disposizione  ad includere  personale della società civile.

Infatti, se nel 2006, alla data delle precedenti elezioni comunali, l’Ulivo ottenne circa 25 mila voti, pari al 37%, seguito  da Forza Italia+AN con più di 22 mila voti,  il 33%, alle ultime regionali del marzo 2010  il Popolo della Libertà, con poco meno di 23 mila voti e il 35,6%, è diventato il primo Partito nel comune di Rimini, sorpassando, per la prima volta, il PD che si ferma a quota 21mila, col 32,4% dei voti.

Con una differenza però non di poco conto: la Lega, alleata del Popolo della Libertà,  che nel 2006 aveva ottenuto appena 722 voti, nell’ultima elezione ne ha presi quasi 9 mila, totalizzando più del 9%. Numeri, quelli del Popolo della Libertà più la Lega, che se si dovessero ripetere gli consentirebbero di vincere con un discreto margine. Anche aggiungendo, a quelli del PD, i voti di possibili alleati come Di Pietro e Rifondazione (circa 6 mila voti in tutto).  

Ma probabilmente non del Movimento cinque stelle, che nelle ultime regionali  ha ottenuto più di 5 mila voti, superando a sorpresa l’8%, molti dei quali magari di protesta verso il centro sinistra,  e che difficilmente tornerebbero stante la chiusura dimostrata.

Ultimo, ma non meno importante, l’astensione da recuperare, che nell’ultima elezione ha visto il 37% degli elettori disertare le urne. E’ vero che le comunali sono più sentite, ma pensare di riportare a votare i delusi, tenendoli lontani dalle decisioni che contano e con solo candidati di Partito probabilmente non è l’offerta più convincente. 

 Infine, una ultima annotazione che denota come nel PD l’innovazione faccia ancora difetto: non aver previsto la possibilità di raccogliere le firme via internet. Lo strumento più utilizzato dai giovani.

Tutto questo nonostante il sito internet del PD si presenti augurando ai visitatori “buona partecipazione”. Ma se non ora quando ?

One thought on “La solitudine delle “primarie” riminesi

  1. Nel sito di Nando Fabbri il 2 novembre ho lasciato questo commento:

    “E se noi elettori facessimo un bello sciopero del voto? Non per qualunquismo, ma per dare un segnale forte a chi disegna la politica, in questo caso cittadina.”

    Nessuna risposta.

    Il 4 novembre ho spedito al “Corriere di Romagna” una lettera che ho replicato ieri sera, sperando che possa essere ospitata.

    Eccola:

    “Chiedo ospitalità, rivolgendomi a Nando Fabbri (e non solo). Avevo letto sul Corriere del suo blog e del post apparso il 31 ottobre, intitolato “S.O.S. Primarie”. Ho inserito il giorno 2 novembre questo mio commento, a cui non è stata data nessuna risposta, sino alle 17 di oggi 8 novembre: “E se noi elettori facessimo un bello sciopero del voto? Non per qualunquismo, ma per dare un segnale forte a chi disegna la politica, in questo caso cittadina”.
    La lettura dei giornali con le interviste a vari esperti americani a commento delle elezioni di Midterm, in cui si sottolinea il fenomeno dell’astensionismo (soprattutto fra i giovani), mi invoglia a chiedere pubblicamente ai possibili candidati alle primarie per le elezioni comunali di Rimini, se essi ipotizzano (temono, sarebbe forse troppo) qualcosa di simile per il Pd”.

    Grazie per l’ospitalità, egregio Silvestri, e complimenti per l’inchiesta bancaria apparsa sull’ultimo numero di “Tre”.

    9.11.2010, 18:10
    Antonio Montanari (“Tama” per i lettori del “Ponte”)
    Rimini

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