La moltiplicazione degli sportelli

di Mauro Bianchi

 l caso delle banche commissariate tra Rimini e San Marino in poco più di un anno (Delta, Credito di Romagna, Banca di Rimini, Carim) inevitabilmente porta a riflettere sulle cose che non vanno nel sistema bancario locale, e ci si chiede se esista un minimo comune denominatore economico-finanziario che lega i soggetti “sotto osservazione”. Prima di dare giudizi non sufficientemente meditati, vediamo di ricostruire un po’ lo “sfondo” del mondo bancario locale. Lo facciamo con l’aiuto della prof.ssa Paola Brighi e del prof. Antonello Eugenio Scorcu, docenti rispettivamente di Economia degli intermediari finanziari e di Politica economica presso la Facoltà di Economia dell’Università di Bologna, Sede di Rimini.

 Prima di tutto, da un punto di vista strutturale, c’è un dato che differenzia Rimini dal resto della Paese?   

Se esaminiamo il rapporto tra sportelli bancari e popolazione  diremmo di sì: il dato mostra che Rimini ha un alto tasso di bancarizzazione in termini di sportelli sulla popolazione, anzi è il più alto a livello regionale e circa il doppio di quello nazionale (Rimini 9,5 sportelli ogni dieci mila abitanti, Forlì-Cesena 9,0 , Bologna 8,5 , Emilia Romagna 8,1 e Italia 5,6). Tra i comuni della provincia di Rimini, il rapporto sportelli/abitanti più alto oggi è a Cattolica (14,3 ogni dieci mila residenti) Morciano (13) Rimini (10,6) e Riccione (10,4). Le piazze più bancarizzate sono quindi sul litorale, quando il dato medio  provinciale sta intorno a 9,67 sportelli ogni 10,000 abitanti.

Perché è così “appetibile” per le banche aprire filiali a Rimini? 

Non solo la quota di sportelli è elevata rispetto alla popolazione, ma a Rimini (ed a Forlì-Cesena) si registra anche un rapporto alto rispetto al reddito pro-capite: in altri termini il reddito è basso (a Rimini 25 mila euro circa per residente) ma il grado di sportellizzazione è elevato (Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna hanno tutte un reddito più elevato). Inoltre anche i depositi bancari pro-capite sono importanti. I dati ci indicano che i depositi, dopo il

crac Lehman Brothers, hanno iniziato ad aumentare suggerendo un allontanamento dei risparmiatori dal mercato finanziario e dal risparmio gestito verso la liquidità. Il rapporto raggiunge un picco in corrispondenza della fine del 2009,  per poi ricominciare a ridursi forse per una ripresa di fiducia da parte dei risparmiatori verso il risparmio amministrato-gestito (effetto MIFID, ecc.). Rimini è in linea con il resto della regione e dell’Italia.

È l’effetto dello scudo fiscale, entrato in vigore a metà dicembre 2009 fino ad aprile 2010?

Quanto abbia contribuito lo scudo fiscale all’aumento degli afflussi a livello provinciale è tuttavia difficile da dirsi e da quantificare… è forse una tra le diverse ragioni che potrebbero avere aumentato l’afflusso di liquidità a livello locale. Peraltro l’incremento di depositi non è indifferenziato nell’ambito della stessa provincia di Rimini. L’elaborazione di dati (fonte Banca d’Italia) sul rapporto depositi/popolazione rileva che l’incremento del rapporto è diversificato a livello comunale, con un incremento massimo nel 2008 nel comune di Coriano (+30,26% ) e nel 2009 nel comune di Verucchio (+37,39%), Misano Adriatico (+30,85%) e Rimini (+27,57%).

E per quanto riguarda il credito erogato dalle banche sulla nostra piazza?

Il rapporto impieghi/popolazione rallenta come del resto a livello regionale e nazionale. Nulla di nuovo: il credito si è ridotto dopo il crac Lehman a partire dall’inizio del 2009. Nel rapporto impieghi bancari/popolazione a Rimini registriamo un decremento nel 2009 pari a –2,91% e nel 2010 addirittura –4,35%, quando la media regionale 2009-2010 è rispettivamente –0,98% e –0,30% e quella nazionale –0,77% nel 2009 e +0,28% nel 2010.

La crisi ha colpito anche le banche locali?

Se analizziamo i dati di bilancio delle singole banche a livello sia provinciale sia regionale è evidente il peggioramento delle sofferenze anche se la patrimonializzazione tiene. Ad esempio, Banca Carim aveva un patrimonio di vigilanza sul totale degli asset del 10,43% nel 2006 e dell’8,88% nel 2009. Il problema della Carim tuttavia non emerge dai dati di bilancio 2009, anche se in termini prospettici l’acuirsi delle sofferenze sugli impieghi (0,55% nel 2006 e 1,70% nel 2009) e degli incagli (2,21% nel 2006, 5,12% nel 2009) potrebbe destare qualche preoccupazione in più.

È evidente, dunque, che la vigilanza ha probabilmente visto e valutato la situazione attuale e prospettica, piuttosto che quella passata.