La crisi dal bancone del Centro per l’impiego

di Maria Cristina Muccioli

“Dalle sette di ieri sera m’è cambiata la vita: la ditta dove lavoriamo sia io che mia moglie ci ha detto che a fine mese chiude.” A pronunciare questa frase è un riminese sui quarant’anni. Esordisce così, senza un “buongiorno”. Perdonato: come non comprendere il suo smarrimento? E, soprattutto, cosa rispondere?

Eppure l’esperienza a contatto col pubblico non mi manca: sono ormai trentun anni che mi occupo dell’accoglienza di chi cerca lavoro. Ho sempre definito il mio impegno quotidiano come attività “in trincea”; non saprei descrivere diversamente questa postazione da cui vedo passare il mondo. Un’umanità sempre più multicolore, che varia a seconda delle stagioni e dello scenario economico locale e globale.

Uno sguardo sulla città in cerca di lavoro

La scena descritta sopra si riferisce a una giornata d’inizio marzo: una mattina come tante. Una delle tante storie che vengono raccontate, sempre con grande dignità, da chi si rivolge al Centro per l’impiego.

La fila delle persone è sempre stata lunga. Mai come in questi ultimi mesi, però: da un anno a questa parte l’affluenza è cresciuta notevolmente. Si sono aggiunti i cassaintegrati, i lavoratori in mobilità e chi, pur ancora occupato, teme di entrare in queste categorie.

Anche senza leggere le statistiche ufficiali, dal mio punto di osservazione posso affermare, senza timore di venire smentita, che nel giro di pochi mesi il numero delle persone in cerca di lavoro è quasi raddoppiato.

Diverse anche le tipologie: se prima si trattava per lo più di giovani che si affacciavano ai nostri uffici per la prima volta e di persone con poca professionalità alla ricerca di “qualsiasi lavoro, perché so far tutto”, ora si riconosce, in fila per l’iscrizione o alla consultazione delle bacheche, il padre di famiglia che lavorava nella più nota azienda riminese, la madre dei compagni di liceo dei tuoi figli, l’ex commessa del negozio di fiducia…

Il richiamo di Rimini

Fisicamente e telefonicamente approdano a Rimini i bisogni di tutt’Italia. Qualche anno fa il fenomeno era limitato alla stagione estiva, ora è spalmato durante tutto l’anno. Sarà il richiamo legato anche al turismo, la presunta facilità di trovare l’alloggio o la disperazione degli altri territori, ma i disoccupati residenti altrove (e quindi non fotografati nelle statistiche) arrivano a migliaia. Si presentano spesso col bagaglio al seguito, probabilmente appena scesi dal treno. Talvolta in gruppo: giovani dello stesso paese, oppure, fenomeno sempre più frequente, famiglie intere. Come quella capitata di recente: padre, madre e bimba sui dieci anni (ma non dovrebbe essere a scuola?), appoggiati da una settimana in un residence, disposti a fare qualsiasi lavoro e che subito si informano su come contattare i Servizi Sociali del Comune.

Cosa rispondere? A volte pare crudele spiegare che le offerte sono poche anche qui, le aziende sono in crisi, che chi non ha qualifiche ha meno possibilità.

Le risposte dell’ufficio e quelle dell’operatore-persona

Cosa possiamo offrire a queste persone?

Le nostre banche dati funzionano, ma sono pur sempre influenzate dalla crisi. Ciò significa che, nonostante le incessanti azioni di marketing dei colleghi addetti ai rapporti con le imprese, l’ufficio non può inventarsi nuovi posti di lavoro.

I colloqui con gli operatori danno indicazioni utili su come muoversi, individuare la professione giusta, preparare un curriculum.

Inoltre il Servizio Informazione dà visibilità (anche sul sito www.riminimpiego.it) alle offerte dei Centri per l’impiego della provincia e di quelle limitrofe; delle opportunità delle agenzie private e delle grandi aziende; degli annunci pubblicati sui giornali e sui siti specializzati.

Ma la risposta dell’operatore-persona è diversa da quella dell’ufficio-struttura: non riesce ad essere fredda e distaccata, ti coinvolge anche oltre la professionalità puramente tecnica.

L’atteggiamento è diverso, quando hai a che fare con un neodiplomato o neolaureato che immagini possa contare ancora per un po’ sul sostegno della rete parentale.

Quando, invece, arriva un adulto, magari tuo coetaneo, sai già che il reinserimento nel mercato del lavoro sarà pieno di ostacoli.

Ma, soprattutto, dietro alla sua richiesta leggi tanto altro: la spesa al supermercato, l’assicurazione dell’auto, l’affitto o la rata del mutuo, le scarpe nuove per i figli e le rate dell’università.

Vorrei vedere smentite le previsioni poco rosee che vengono dal mondo delle imprese. Prima di tutto per i lavoratori interessati, ma anche perché, altrimenti, per me e per i miei colleghi restare “in trincea” sarà umanamente sempre più difficile.

BOX

La ripresa della Cassa integrazione

Le imprese ce lo dicono, e  gli ultimi dati sulla cassa integrazione in provincia di Rimini lo confermano: da qualche mese la crisi si è stabilizzata, qualcosa si muove, ma parlare di ripresa, e soprattutto di riassorbimento della disoccupazione,  è decisamente troppo presto.

A dicembre 2009, per effetto anche delle festività, la cassa integrazione ordinaria e straordinaria era scesa da 658 mila ore di novembre ad appena 142 mila ore. Sembrava un segnale positivo, ma con gennaio 2010 i numeri sono tornati a salire: 361 mila ore a gennaio, che diventano 591 mila ore a febbraio, il secondo ammontare più alto da quando (autunno 2008) è scoppiata la crisi.

Con un cambiamento, che conferma, se ce ne fosse bisogno, la gravità della situazione occupazionale: sta crescendo la cassa integrazione straordinaria (a febbraio è aumentata del 136% sul mese precedente, contro un incremento medio regionale del 23%), quella  cioè attribuita a situazioni di ristrutturazione e crisi aziendali.

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