La corsa delle tasse locali

 

Ironia della sorte, dal 1997, anno di approvazione della legge sul federalismo fiscale,  la raccolta delle tasse da parte delle Amministrazioni locali non ha fatto che aumentare.  Siccome, a livello nazionale, la pressione fiscale reale (quella cioè che non tiene conto del nero, come fanno le statistiche ufficiali, che per definizione non paga tasse) non è diminuita, la conclusione è semplice: le tasse continuano ad aumentare, a dispetto della crisi e dell’economia che cresce dello zero virgola.

L’ennesima conferma ci viene da uno studio del Servizio Politiche territoriali del Sindacato UIL, il quale ha calcolato che solo negli  ultimi due anni (2013-2015) i contribuenti hanno versato, a livello nazionale,  ben sette miliardi di euro in più di tasse locali, con una impennata di circa il 17%.

Roma è il capoluogo che fa pagare di più (senza per questo ridurre i propri debiti) e Treviso quello più economico, quando la media pro capite nazionale, nel 2015, è stata di 1.969 euro.

In questa speciale  classifica il Comune di Rimini, con un importo complessivo, tra Tasi, Tari e addizionali varie (ricordando che quella regionale non entra nelle casse comunali), di 1.679 euro per cittadino contribuente,  290 euro sotto la media nazionale, si posiziona in uno spazio intermedio  tra tutti i capoluoghi dell’Emilia Romagna, con un importo piuttosto modesto, appena 72 euro, di addizionale Irpef comunale.

L’auspicio è che nei prossimi anni queste cifre, che abbiamo visto solo salire, possano cominciare  realmente a scendere, evitando che il calo di un riscossore pubblico sia più che compensato dall’aumento dell’altro.

Le tasse locali