Romagna a minor valore. Intervista a Paolo Lucchi, Sindaco di Cesena

di Alesandro Notarnicola

Forlì-Cesena e Rimini si contano 4.859 imprese giovanili attive, che costituiscono il 6,8% del totale delle imprese attive (7,1% in regione e 9,3% a livello nazionale). Nel confronto con il 30 giugno 2017, si riscontra una diminuzione delle imprese giovanili dell’1,7%, che, se da un lato è superiore al calo delle imprese totali attive (-0,4%), dall’altro è inferiore alla variazione negativa sia regionale (-3,5%) che nazionale (-2,9%). Una diminuzione che risulta essere la più bassa dal 2013 e che induce a una riflessione più ampia del territorio romagnolo reso più vulnerabile dai venti caldi della crisi finanziaria del 2008 (in Emilia Romagna arrivata circa un anno più tardi). In Romagna anche la città di Cesena, forte del settore agroalimentare e metalmeccanico, ha subìto i contraccolpi della tensione economica, ferite che il sindaco Paolo Lucchi “cura” con l’idea della new economy e dell’informatizzazione delle imprese.

Sindaco, l’Emilia Romagna è tra le regioni d’Italia più ricche, la Romagna tuttavia presenta dati inferiori rispetto all’Emilia. Come lo spiega?

Si tratta di una conseguenza delle difficoltà economiche che il territorio ha dovuto affrontare e in parte ancora lo fa. Inoltre, ci sono due motivi centrali: il rallentamento della rinascita economico-commerciale avviene lentamente perché la crisi da noi è arrivata più tardi. In più, la nostra struttura economica è meno industriale rispetto a quella emiliana: abbiamo una produzione manifatturiera più limitata.

Per riequilibrare questa situazione è necessario creare valore. Ha in mente idee o progetti da mettere in campo?

Tutte le idee e i progetti convergono nella new economy e nelle start up. CesenaLab rappresenta un grande motore di partenza. I settori economici sono tutti maturi, ma è necessario puntare sull’informatica. C’è uno stretto rapporto tra le imprese del territorio e la facoltà di Informatica.

Considerando che taluni processi richiedono tempo, il 2030 potrebbe essere un tempo sufficiente per mettersi in pari col resto dell’Emilia Romagna?

Faremo molto prima e a prevederlo è un dato di fondo. La filiera agricola e il comparto turistico hanno alle spalle due anni molto buoni. La sfida è quella di aggiungere a questi settori della tradizione romagnola altri nuovi. Il ricambio generazionale sta avviando anche una serie di processi di informatizzazione. Dobbiamo essere coscienti di un dato: tra alcuni anni esisteranno lavori nuovi per le nuove generazioni. La new economy è la soluzione a tutto, anche all’occupazione.