Il federalismo municipale costa

Avvicinare le decisioni ai cittadini, che non stanno tutti nelle capitali ma vivono in maggioranza nei comuni (in Italia circa 8 mila, in provincia di Rimini 27), responsabilizzare gli amministratori nella gestione oculata del denaro pubblico, sono obiettivi che è difficile non condividere. Senza dimenticare però che in Italia (art.116 della Costituzione)  ci sono già 5 Regioni a statuto speciale (Friuli VG, Sardegna, Sicilia, Trentino A.A. e Valle d’Aosta), più due Province autonome, Trento e Bolzano,  che sono da tempo dotate di ampia autonomia, ma non sempre hanno brillato per buona gestione.  Almeno non tutte.

Dare a tutti maggiore autonomia può essere un traguardo giusto, sempre e quando questo non si traduca in una anarchia generalizzata, dove ciascuno si sente in diritto di prendere decisioni, anche le più strampalate, come è già capitato.  

Ma c’è un aspetto che sottostava la richiesta di maggiore decentramento, più noto come federalismo,  che pare scomparso: la diminuzione della pressione fiscale, che in Italia è tra le più alte d’Europa, nonostante le promesse, fatte da tutti i Governi, di ridurla.

A sorpresa, dai primi provvedimenti presi dal Governo in carica, sembra si vada addirittura nella direzione opposta, verso cioè un ulteriore aumento delle tasse, che non verrà operato dal Governo, ma questa volta “decentrato” ai Comuni, i quali dopo essere stati  privati dei trasferimenti statali, se vogliono mantenere i servizi e fare gli investimenti necessari in infrastrutture e altro, non avranno altre alternative. 

Di seguito una sintesi delle 13 nuove voci del nuovo fisco municipale, secondo il Decreto Legge varato di recente dal Governo:

 1. Addizionale comunale all’Irpef (articolo 5)

I Comuni possono istituire una addizionale irpef comunale  ma devono rimanere, nei primi due anni, nel limite massimo dello 0,4%.  L’addizionale non può essere istituita o aumentata in misura superiore allo 0,2% annuo.

 2. Cedolare secca sugli affitti (articolo 3)

La cedolare secca sugli affitti arriva dal 2011. Sostituisce l’attuale tassazione Irpef (e le relative addizionali) e l’imposta di registro e di bollo sul contratto di locazione o sulla proroga del contratto stesso. Riguarda solo gli immobili affittati a uso abitativo. Quindi la nuova disciplina non trova applicazione per le locazioni di immobili a uso abitativo effettuate nell’esercizio di attività d’impresa, arti o professioni. Il prelievo è fisso nella misura del 21%, per i canoni liberi, che scende al 19%, per i canoni agevolati. L’imposta potrà essere applicata anche sui redditi da locazioni “brevi” i cui contratti – attualmente – non sono soggetti a obbligo di registrazione.

 E’ una tassazione, questa, che fa pagare qualcosa  a chi evadeva, sempre se intende regolarizzarsi, ma che riduce la tassazione per i tanti che avrebbero dovuto sommare gli affitti al proprio reddito, raggiungendo sicuramente un aliquota più alta. Un esempio: per un un affitto a canone libero  di mille euro, un contribuente rientrante nella  fascia di reddito superiore a 75 mila euro  con le nuove norme  paga 210 euro, in luogo dei 387 euro che avrebbe dovuto versare con le vecchie.  

 3. La nuova fiscalità immobiliare dei comuni (articolo 2, commi da 1 a 9)

Si stabilisce la prima fase della riforma a livello municipale: dal 2011 è prevista le devoluzione ai comuni, relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio, del gettito dei seguenti tributi: imposta di registro e bollo su atti soggetti a trascrizione, imposta di registro e bollo sui contratti di locazione relativi a immobili, imposta ipotecaria e catastale, Irpef (in relazione ai redditi fondiari, escluso però il reddito agrario), tributi speciali catastali, tasse ipotecarie, cedolare secca sugli affitti. Per quanto riguarda: imposta di registro e bollo su atti soggetti a trascrizione, imposta ipotecaria e catastale, tributi speciali catastali e tasse ipotecarie la devoluzione del gettito è del 30 per cento.

 La quota di gettito sulla cedolare secca sugli affitti devoluta ai comuni è del 21,7% per il 2011 e il 21,6% a decorrere dal 2012. È poi istituito un fondo sperimentale di riequilibrio, di durata triennale, per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata la devoluzione ai comuni. Sempre a decorrere dal 2011 viene introdotta a favore dei comuni una compartecipazione al gettito dell’imposta sul valore aggiunto, da stabilirsi.

Dal 2014 la quota di gettito devoluta ai comuni dalla cedolare secca può essere incrementata sino alla devoluzione della totalità del gettito stesso.

 4. Comuni “sceriffi” nella lotta all’evasione (articolo 2, commi da 10 a 12)

Si prevede l’intervento dei comuni per rafforzare l’attività di accertamento tributario. A loro è assicurato il maggior gettito derivante dall’accatastamento degli immobili “fantasma” ed è elevata al 50% la quota dei tributi statali ancora riconosciuta ai comuni. I comuni hanno accesso, dietro via libero del Tesoro, d’intesa con le regioni, all’anagrafe tributaria. Ma solo relativamente a: contratti di locazione, somministrazione di energia, servizi idrici e gas relativamente a immobili siti sul loro territorio, soggetti che hanno il domicilio fiscale sempre sul loro territorio, e a soggetti che esercitano nello stesso un’attività di lavoro autonomo o d’impresa.

 5. Federalismo fiscale municipale (articolo 7)

Il sistema tributario messo al servizio dei governi locali risulta oggi costituito da ben 45 fonti di gettito, stratificate e frammiste. La norma punta a una razionalizzazione. In particolare, si prevede che con l’attuazione della delega al governo in materia di federalismo fiscale per il finanziamento dei comuni,  a decorrere dal 2014 siano introdotte due nuove forme di imposizione municipale: una imposta municipale propria e una imposta municipale secondaria. Dal 2014 è attribuita ai comuni una compartecipazione al gettito dei tributi nell’ipotesi di trasferimento immobiliare, pari al 30 per cento.

 6. Finanza pubblica (articolo 12)

Si prevede che l’autonomia finanziaria dei comuni debba essere compatibile  (sic!) con gli impegni finanziari assunti con il patto di stabilità e crescita. E che comunque, anche nella fase transitoria, l’intera riforma federalista del fisco non deve portare alcun aumento (sic!)  del prelievo fiscale complessivo a carico dei contribuenti.

 7. Fondo perequativo per comuni e province (articolo 13)

Viene istituito – nel bilancio dello Stato – per finanziare le spese di comuni e province, successivamente alla determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali.

 8. Imposta di scopo (articolo 6)

Con un Decreto da adottare d’intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali entro il 31 ottobre 2011 è disciplinata la revisione dell’imposta di scopo in modo da prevedere: l’individuazione di ulteriori opere pubbliche rispetto a quelle indicate da una legge del 2006.

Resta fermo l’obbligo di restituzione del tributo in caso di mancato inizio dell’opera entro 2 anni dalla data prevista dal progetto esecutivo.

 9. Imposta di soggiorno (articolo 4)

Comuni capoluogo di provincia, unioni di comuni e comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte potranno istituire un’imposta di soggiorno a carico di chi alloggia nelle strutture ricettive del proprio territorio. L’imposta sarà applicata con gradualità, fino a un massimo di 5 euro per notte di soggiorno, in proporzione al prezzo. Il gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali e dei relativi servizi pubblici locali.

10. Imposta municipale propria: cos’è e come si applica (articoli 8 e 9)

L’imposta municipale propria è istituita a decorrere dall’anno 2014 e sostituisce, per la componente immobiliare, l’imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi a beni non locati, e l’imposta comunale sugli immobili. L’imposta ha per presupposto il possesso di immobili diversi dall’abitazione principale.

La norma precisa che l’esclusione dall’imposta non si applica alle unità immobiliari classificate nelle categorie catastali A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi eminenti).

 Il Centro studi degli artigiani di Mestre (Cgia) ha stimato in 410 euro la spesa media aggiuntiva per ogni impresa.

 11. Imposta municipale secondaria (articolo 11)

L’imposta viene introdotta dal 2014 con deliberazione del consiglio comunale per sostituire: la tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (Tosap), il canone di occupazione di spazi e aree pubbliche (Cosap), l’imposta comunale sulla pubblicità (Icpdpa), il canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari (Cimp). Lo stesso articolo prevede che l’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza sia abolita a decorrere dall’introduzione del presente tributo. Il presupposto del tributo è l’occupazione del bene pubblico, demanio o patrimonio indisponibile dei comuni, spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico, anche a fini pubblicitari. Il soggetto passivo è colui che effettua l’occupazione.

 12. Norme transitorie (articolo 14)

L’imposta municipale propria è indeducibile dalle imposte erariali sui redditi e dall’imposta regionale sulle attività produttive (Irap), confermando in tal senso la disciplina attualmente vigente relativamente all’Ici. Si prevede poi che toccherà a un successivo decreto riordinare l’imposta di scopo e i prelievi relativi ai servizi comunali, incluso quello sulla gestione dei rifiuti solidi urbani. Specifica importante: fino all’entrata in vigore delle nuove norme, continuano ad applicarsi i regolamenti comunali adottati in base alla normativa sulla tassa sui rifiuti solidi urbani e sulla tassa di igiene ambientale.

 13. Sanzioni sugli immobili non dichiarati quadruplicate (articolo 2, comma 13)

Dal 1° maggio 2011 (per effetto del milleproroghe) gli importi minimo e massimo della sanzione amministrativa prevista per chi non fa emergere il proprio immobile “fantasma” sono quadruplicati. Il 75% dell’importo delle sanzioni è devoluto al comune dove è ubicato l’immobile.