Il duro lavoro di fare impresa

di Mirco Paganelli

In un contesto come quello della provincia di Rimini in cui ci sono più aziende che chiudono di quante ne nascano (mille quelle perse nel solo 2014) e in cui il tasso di disoccupazione è il secondo più alto in regione (11,1%), ogni aiuto per permettere l’avvio di imprese è ben accetto. Sostenere il coraggio di chi, di questi tempi, desidera mettersi in gioco per commerciare il proprio prodotto o servizio significa far aumentare l’occupazione, il potere d’acquisto delle famiglie, oliare intere filiere produttive… insomma, far girare l’economia. La Camera di Commercio di Rimini ha elargito quest’anno 125.000 euro di contributi a 28 neo-imprese del territorio (una media di 4.500 euro ciascuna). Abbiamo raggiunto qualcuna di queste per farci raccontare come far nascere un’impresa a Rimini e quali difficoltà bisogna superare.

 

“Siamo un tipo di azienda che dovrebbe lavorare più che altro con l’Italia, ma l’Italia è morta, almeno per il nostro settore, e quindi il 60 per cento di fatturato lo facciamo all’estero”, spiega Alfio Urbinati, titolare della Azzurra impianti di Rimini. “Se si valuta il mercato italiano della meccanica, non sembra il caso di aprire un’azienda. Ma non tutti possono campare di rendita e aspettare che il paese si riprenda. Quindi si è costretti a fare cose che non si pensava di dover fare, come, appunto, aprire un’attività”. Urbinati ha così deciso di compiere il passaggio da dipendente – dove ha potuto consolidare la propria esperienza nel settore e conoscere i clienti – a imprenditore. Gli ostacoli, per lui come per tutti, non sono tanto rappresentati dalla scala locale, ma da quella nazionale.
“Non è impegnativo aprire una partita Iva o trovare un capannone a Rimini (poteva essere complicato otto anni fa, ma oggi sono tutti vuoti). E non si perde nemmeno tempo con le banche, dato che i finanziamenti vengono dati solo a chi ha già i quattrini in tasca” – a quanto pare gli sconti della Bce sul costo del denaro per gli istituti di credito non si sono tradotti in un accesso più facile al denaro per Azzurra impianti – “per cui è un rapporto chiuso in partenza”.
Il futuro? Si campa alla giornata. In provincia di Rimini non si vende niente; nel resto del paese le commesse sono al minimo storico; Russia e Ucraina sono due mercati buoni, ma fuori gioco. Rimangono Nord Africa e resto d’Europa.
“Il problema è tutto politico, riguarda Roma e Bruxelles. Non è esiste un piano industriale”, chiosa il titolare.

I GIOVANI NON MOLLANO

La crisi non è così nera come si dice, per lo meno per quei giovani che si giocano tutto avviando un’impresa. Per loro la fiducia nel futuro è d’obbligo, altrimenti non si va avanti.
Campione di ottimismo è senz’altro Alessandra Ioni che ha aperto da un anno il negozio “La magia dei fiori” a Misano Adriatico.
“A 28 anni mi vedevo chiudere le porte in faccia. Mi dicevano che ero vecchia e che costavo troppo. È impossibile che si possa lavorare da dipendente solo in nero o con i voucher. Quello dei fiori è un settore in difficoltà: i centri commerciali ci stanno tagliando le gambe. Per un titolare è difficile assumere un dipendente e c’è chi si comporta in maniera meschina, sfruttando e sottopagando la forza lavoro. C’è chi promette delle cifre e poi ne corrisponde delle altre più basse”.
La via crucis del lavoro dipendente, unita all’endemica passione per le piante, ha indotto Ioni a mettersi in proprio e a ritagliarsi uno spazio tutto suo in quel mercato così competitivo.
“Volevo un negozio che rispecchiasse la mia personalità e la mia cura per i fiori, a differenza dei negozi più impersonali dei mall. Il mio lavoro è parte di me”.
Il suo motto: “Basta farsi prendere per i fondelli” da chi si approfitta della precarietà giovanile. Ci vuole speranza: “Sono giovane, non posso lasciarmi scoraggiare da chi governa; il futuro lo devo vedere roseo per forza. È stata la mia passione a farmi andare avanti”.
Pubblicità e social network sono la chiave del successo. Grazie a Facebook e alla versione online delle Pagine Gialle, la titolare afferma di aver incrementato molto i clienti, “La gente è sempre dietro ad uno schermo, e il commercio online è in crescita”. All’avvio, l’unico ostacolo è stato rappresentato da un prestito che tardava ad arrivare a dispetto di quanto promesso dalla banca. L’obiettivo è quello di espandersi e aprire altri centri in giro per la provincia di Rimini.

Anche Matteo Leardini ha 28 anni ed ha avvitato da pochi mesi un’impresa grazie al contributo della Camera di Commercio di Rimini; si tratta del servizio di fornitura per alberghi Made Italia di base a Morciano.
Il primo ostacolo è stato di tipo economico: solo uscite (tasse), poche entrate (incentivi). “L’Italia non aiuta i giovani a fare impresa. Siamo partiti motivati da un bando nazionale che pareva dovesse aiutarci, ma poi non è giunto a compimento. Sono all’inizio della mia attività e già il 40% del fatturato se ne va in imposte”.
La pressione fiscale è determinante per la sua giovane azienda; da essa dipende tutto, fino alla possibilità di garantire a Leardini il lavoro autonomo per non doverlo costringere a tornare a lavorare da dipendente.
“Questo era il momento giusto per mettermi in proprio, considerata la mia età e il fatto che ancora non ho famiglia e un mutuo sulle spalle. Abbiamo cominciato con un piccolo investimento, poco magazzino e un prestito da parte di una finanziaria”. Alla base della scelta di un servizio di hotelleria ci sono i suoi studi nel settore alberghiero e la conoscenza dell’e-commerce. Anche Leardini constata con piacere i numeri in crescita dei primi mesi dell’anno, con le commesse che sono maggiori di quanto si aspettasse. Ottimismo giovanile o siamo oramai giunti al punto di esultare ogniqualvolta un nuovo cliente entra in negozio?

LA GUERRA AL RIBASSO

Anche per la tipografia Evy Stampa di Novafeltria si è cominciato con un investimento minimo, data la difficoltà di accesso ai prestiti. Riguardo agli istituti di credito, hanno adottato un politica contro le ricevute bancaria, “Le spese bancarie sono troppo alte e sono quelle che ci massacrano”. Dopotutto a metterli in ginocchio ci pensa già il commercio online: “Chi lavora con l’e-commerce vende prodotti sparando prezzi assurdi, troppo bassi, con cui non ci si paga nemmeno la carta e l’inchiostro. In questo settore c’è una guerra dei listini”. Altro tema, altro ostacolo. Il cuneo fiscale, che per la tipografia si aggira attorno al 36%. “Il primo anno le tasse non sono pesanti, ma il secondo è come ripagare ciò che non si è versato nel primo”.
La loro scelta di aprire un esercizio autonomo non è stata dettata da necessità, ma è stata una scelta: quella di staccarsi dalla precedente azienda per dedicarsi, seppure in forma più piccola, al digitale, anche se così “non si fanno i soldi, giusto quelli per campare”. Per fortuna i clienti pagano quasi sempre tutti in tempo. Solo a quelli più fidelizzati vengono concessi margini per il dilazionamento. Ma che fatica!