Il boom delle “non classificabili”

All’inizio della crisi, che è cominciata nell’autunno del 2008, in provincia di Rimini si contavano 33.735 imprese attive, che quattro anni dopo sono diventate 35.781. La differenza, però, è  da attribuire più ai sette comuni dell’Alta Valmarecchia  nuovi entranti che alla vitalità imprenditoriale locale. Infatti il salto maggiore avviene nel 2010.

I saldi, cioè la differenza tra le imprese che si iscrivono alla Camera di Commercio e quelle che si cancellano per cessazione dell’attività, descrivono una situazione difficile, quale in realtà è, ma non drammatica. I saldi di cui sopra sono negativi solo nel 2008 (-67) e nel 2012 (-89) e la situazione sembra, almeno dal punto di vista dei numeri, tenere.    Tanto che dal 2007 al 2012  si sono iscritte quasi mille imprese in più di quelle che hanno chiesto di essere cancellate.

Ma a tenere positivi questi saldi, o quanto meno non renderli troppo negativi, concorrono soprattutto neo imprese che statisticamente non si sa nemmeno dove sistemare,  tanto da essere collocati tra “le imprese non classificate”. Non rientrano cioè in nessuno dei settori di attività conosciuti come manifattura, commercio, turismo, servizi, ecc.  Questo può essere preso come un ritardo della statistica rispetto alla realtà che cambia, ma anche come l’indicazione della nascita di una imprenditorialità in settori così anomali, che non si sa nemmeno dove sistemare.  Le persone, cioè, in mancanza di lavoro, anche  con notevole creatività va riconosciuto, si buttano e  cercano di mettere in piedi qualsiasi attività. Ma non bisogna nascondersi dietro i numeri: a parte qualche eccezione, che sicuramente ci sarà, è ragionevole pensare che si tratti di una imprenditorialità fragile, a basso valore aggiunto e con ritorni forse appena sufficienti per sopravvivere.

Perché la crisi si fa sentire e lo si vede anche dalle diminuzione, dopo il 2010, del numero delle imprese che si iscrivono, mentre sul fronte opposto crescono costantemente le cessazioni.

Ma gli sforzi per resistere sono tanti,  perché contrariamente alle attese si contavano più protesti prima della crisi (8.176 nel 2007) che dopo (6.867 nel 2011). Ed anche in termini di valori protestati, non senza forti oscillazioni,  i  29 milioni di euro del 2007 non sono mai stati superati e a fine 2011 sono diventati 24 milioni di euro.

Sono invece cresciute, rispetto agli anni pre crisi, le procedure di fallimento, che comunque rimangono un numero contenuto: da 38 del2007 a66 nel 2011, con un picco di 72 l’anno prima.

In sintesi, la difficile situazione economica non esenta questo territorio dai suoi effetti, ma appaino anche evidenti i segnali di una resistenza tenace, che se solo avesse da parte delle istituzioni (semplificazione), delle banche (credito)  e del fisco (vessazioni inutili)  una attenzione maggiore e meno punitiva  potrebbe dare anche frutti maggiori, o quanto meno far sentire gli imprenditori, soprattutto piccoli, meno soli e meglio sostenuti.