Gruppo Maggioli: come è difficile trattenere talenti

A giudicare dai numeri, 614 dipendenti nel 2001 e 1.804 alla fine del 2018, che comprendono tutte le società partecipate (18) e le sedi,  di cui 500 circa in quella centrale di Santarcangelo, la crisi non deve essere passata dalle parti del Gruppo Maggioli. Come confermano anche i dati del fatturato: 70 milioni di euro nel 2001, che diventano 136 milioni nel 2018.

Editore di manuali, stampatore di modulgrafica (es: le schede elettorali), software gestionali e formazione, prevalentemente per la pubblica amministrazione, ma anche per il settore privato (liberi professionisti e imprese), l’azienda, che ha più di cent’anni, ha saputo rinnovarsi costantemente tanto che oggi un buon 70 per cento del fatturato viene da prodotti software, dove conta un piccolo esercito di oltre 250 sviluppatori.  Purtroppo con pochissime donne (10-20% al massimo), ancora culturalmente poco propense ad intraprendere carriere tecniche.

Con una trentina di sedi e rappresentanze, oltre all’Italia anche in Spagna e Bruxelles (Belgio), periodicamente divulga una  newsletter, in lingua inglese, dove informa la propria clientela dei  programmi e delle opportunità di finanziamento dell’Unione Europea.

Come tutte le aziende di successo del nostro territorio ha un problema:  attrarre e soprattutto trattenere talenti. Persone che fanno la differenza.

Persone speciali, ci spiegano Cristina Maggioli, Responsabile delle Risorse Umane e Carlotta Pulazzi, collaboratrice dello stesso Dipartimento, che non si iscrivono ai Centri per l’impiego, dove si va per le categorie protette, oppure per profili operativi,  tipo elettricista, operatore di macchine da stampa e poco altro.  Comunque raramente.

Il Gruppo riceve una media di 800 curriculum al mese, ed anche se esiste un filtro che un po’ screma e seleziona, sono comunque tanti.  Esiste, nonostante la collaborazione con diversi atenei nazionali, compreso la Facoltà  di informatica di Cesena, una carenza di personale esperto in Tecnologie Informatiche  (già sottolineato da altre aziende del territorio) così grande che il Gruppo ha una persona dedicata esclusivamente alla ricerca di questo profilo.

Il problema, sottolinea poi Cristina Maggioli, non riguarda solo portare queste persone in azienda, ma tenercele. Impresa non facile perché i giovani più creativi e intraprendenti non si accontentano di avere un buon posto e un buon stipendio, vogliono altro, che reputano altrettanto importante. E non di rado sono poco propensi a pensare di dover passare una intera vita lavorativa in una unica azienda.  Farli rimanere, quindi, dopo averli faticosamente selezionati e formati, è una vera e propria sfida.

Tre sono le cose che in genere chiedono e apprezzano: ambienti di lavoro piacevoli e confortevoli, anche da un punto di vista architettonico (i nuovi spazi di lavoro, creati ristrutturando i vecchi edifici, sono aperti, luminosi e completamente insonorizzati); possibilità di crescita professionale;  ultimo, non meno importante, percorsi di crescita individuale.  Il lavoro come fonte di reddito ma anche come esperienza interessante.

Sfide impegnative. Soprattutto quando il personale ha un’età media di 41 anni, con uno su sei che non arriva nemmeno a trenta, ed il 42 per cento è costituito da donne, che hanno anche esigenze di conciliazione familiare.

Per venire incontro a questa molteplicità di richieste il Gruppo, oltre al  micro nido, all’insegna dello slogan “Allenati all’Armonia”  ha allestito al proprio interno spazi per l’attività fisica, aperti nella pausa pranzo e all’uscita dal lavoro, e tra breve inaugurerà una propria Accademia di formazione, per il proprio personale, ma aperta anche all’esterno.

Per il 2019 sono previste 70 nuove assunzioni, di cui una quindicina nella sede di Santarcangelo.

 

BOX

Micro nido “Il Maggiolino”

Sempre con l’intenzione di offrire un posto di lavoro attrattivo e accogliente, dopo le solite trafile burocratiche, nel 2014 è stato inaugurato, per i figli dei dipendenti, il micro nido aziendale.

Con due obiettivi precisi: favorire il ritorno delle neo mamme al lavoro prima possibile; evitare, cosa che capita quando ci si assenta dal lavoro per periodi troppo lunghi, ostacoli o interruzioni di carriera.

Il micro nido può accogliere 8 bambini/e e i posti vengono subito esauriti. Se avesse una capienza doppia probabilmente succederebbe lo stesso.

Il micro nido, che costa al dipendente una retta mensile di 270 euro, pasti compresi, funziona con orario continuato dalle 8:15 alle 17:45.  Tutti i mesi, escluso tre settimane di agosto quando ci sono le ferie.

I genitori lasciano i piccoli prima di andare al lavoro e li ritirano tranquillamente all’uscita, senza dover fare corse o  ricorrere obbligatoriamente all’aiuto dei familiari (in genere i nonni, ma non sempre ci sono).

Avendoli vicino, a poche centinaia di metri, le mamme possono assentarsi dal lavoro una ora al giorno per l’allattamento, in luogo delle due ore previste quando l’azienda non dispone di un nido interno.

Obiettivi raggiunti? Pare proprio di si,  se in qualche caso non c’è stato nemmeno bisogno di organizzare le sostituzioni per maternità.  Con vantaggio per le donne e per l’azienda.