Mille giovani per mille speranze

RIMINI 2010: UN LAVORO PER MILLE GIOVANI

LA PROPOSTA DI TRE PER APRIRE UNA FINESTRA SUL FUTURO AI GIOVANI DELLA PROVINCIA DI RIMINI

È molto probabile, stante il perdurare della situazione di difficoltà di molte aziende, e nonostante la tenuta del lavoro stagionale, che alla fine dell’anno si dovranno contare, in provincia di Rimini, meno occupati e più disoccupati. I primi a risentirne, anche se non esclusivamente, saranno i giovani, che vedranno restringersi le già scarse opportunità che il mercato riserva loro.

La crisi è stata pesante e la ripresa ancora incerta. Secondo molti titolari di azienda, e le stesse Associazioni delle imprese, ci vorranno diversi anni prima di poter tornare ai livelli di domanda e di posti di lavoro pre-crisi. La ripresa lenta della redditività frenerà i propositi di tante aziende di investire e assumere.

In diverse nazioni, a cominciare dagli Stati Uniti dove è partita la crisi, l’occupazione continua a calare e si stima che nelle economia avanzate, di cui l’Italia fa parte, i disoccupati supereranno la soglia del 10 per cento, entro il 2010. Anche a Rimini sono in aumento i richiedenti lavoro.

Non si può fare niente? Sì, molte azioni si possono intraprendere, oltre al dovuto sostegno a chi ha perso o ha visto ridursi il proprio reddito. La crisi va trasformata in opportunità, le debolezze territoriali in urgenti sfide per il futuro. Che poi è quello che stanno facendo le nostre imprese più reattive, che non hanno smesso di investire, anzi con la crisi hanno anticipato progetti che magari avevano nel cassetto, potenziando le aree aziendali centrali per la loro attività, come ricerca, uffici tecnici e commerciali, per essere più competitivi e puntare a nuovi mercati, anche quelli più lontani.

Tre sono le principali debolezze di questo territorio: a) poche aziende innovative e tecnologicamente avanzate, capaci quindi di competere con prodotti e servizi ad alto valore aggiunto; b) carenza di servizi di supporto alla crescita tecnologico-organizzativa delle piccole e medie aziende; c.) strutturale carenza di opportunità, che la crisi ha solo aggravato, per i giovani che investono più a lungo nella loro formazione. Ogni anno sono circa 1.400 i nuovi laureati di questa provincia, di cui oltre la metà donne, a fronte di una domanda delle imprese che raramente supera le 400 unità. Molti non hanno altra scelta che cercare altrove, anche all’estero.

Se le debolezze verranno affrontate con energia e tempi rapidi, ne beneficeranno le imprese, ma anche il lavoro, perché si creeranno nuove e migliori opportunità..

Interventi che dovranno aggiungersi, e spesso purtroppo sostituirsi, a quelli adottati dal Governo centrale, che per fronteggiare la crisi ha investito risorse di gran lunga inferiori a quelle messe in campo dagli altri governi europei e dai paesi più sviluppati (Italia 0,8% del Pil, rispetto ad una media del G 20 del 3,7%).

La proposta/progetto

Assumere, nel 2010, nelle imprese private, ma anche pubbliche o partecipate dal pubblico, mille giovani con meno di trent’anni in possesso di una formazione superiore (laurea e post laurea), con contratto di un anno, ed un salario netto di 1.000 euro a carico del datore di lavoro e tutti gli oneri, compresi quelli sociali, a carico di Provincia e Comuni che aderiranno. Il costo complessivo dell’operazione, stimato in circa 10 milioni di euro, non supererebbe l’1% delle attuali uscite di Provincia e Comuni maggiori. Onere che potrebbe ulteriormente scendere con l’aumentare delle adesioni.

La proposta, aperta ad altre possibilità che convergano allo stesso obiettivo, si rivolge in particolare alle nostre imprese più dinamiche e innovative perché superino le eventuali titubanze legate all’incertezza della ripresa, e tornino ad investire nelle risorse umane più giovani e qualificate, rafforzando le aree aziendali strategiche, da cui dipenderà molto del loro futuro. Perché l’economia della conoscenza, il vero futuro asse competitivo, non può fare a meno di chi sulla conoscenza ha investito. Una sfida e un patto per uscire più forti e competitivi, con imprese migliori e posti di lavoro di più alto profilo. Per i giovani una finestra di speranza che si apre per il loro futuro. Per le imprese una responsabilità imprenditoriale e sociale da assumere verso il territorio di appartenenza. Per il Pubblico non una spesa ma un investimento a sostegno di un nuovo e qualificato ciclo di sviluppo, più dinamico e aperto alle nuove generazioni.

A tutti gli attori in campo di compito di trovare, in tempi ragionevoli, le formule tecnico-operative più adeguate al raggiungimento del risultato finale.

Se dopo un anno l’economica si sarà ripresa, molti dei giovani assunti probabilmente rimarranno al loro sposto, e nel caso questo non fosse possibile, avranno comunque avuto l’opportunità di fare una esperienza che gli risulterà utile per cercare un altro lavoro.

Operativamente la gestione del progetto, compreso il monitoraggio, dovrebbe essere molto semplice e l’incontro tra domanda e offerta potrebbe essere delegata, senza nuovi oneri, ai Centri per l’Impiego della Provincia, privilegiando la modalità on line.

Chiederemo alle Associazioni economiche, sindacali e sociali, nonché ai Responsabili Pubblici di pronunciarsi, e ai cittadini, a cominciare dai giovani, di sostenerla se la ritengono giusta e adeguata.

RIMINI 2010: UN LAVORO PER MILLE GIOVANI non risolverà tutti i problemi, ma vuole indicare un obiettivo e chiamare tutti gli attori a raccogliere una sfida, che chiede di investire sul futuro e di credere nelle nuove generazioni.

Come aderire al Progetto di TRE

Per sostenere il progetto ed esprimere opinioni telefonare alla Redazione di TRE (0541 780666), inviare una mail a: tre@ilponte.com, oppure andare sul sito www.newsrimini.it

 

One thought on “Mille giovani per mille speranze

  1. Difficilmente attuabile
    La proposta rappresenta una utile provocazione per discutere del lavoro nel nostro territorio, in particolare della mancanza di opportunità per tanti giovani diplomati e laureati ad inserirsi nel mondo del lavoro – afferma Massimo Fossati, segretario generale Ust-Cisl -. Questo è ancor più vero
    oggi: sono circa 5.000 i lavoratori in cassa integrazione; nei primi nove mesi sono oltre 1.200 i lavoratori licenziati ed iscritti alle liste di mobilità. Tra loro vi sono oltre 380 persone che hanno perso il posto e hanno oltre 45 anni di età e una famiglia da mantenere, a cui dovremmo tutti guardare con maggiore attenzione. Siamo un territorio di piccole e piccolissime imprese e manca inoltre un Centro o una Agenzia locale per favorire la ricerca e l’innovazione delle imprese, metterle in rete, accompagnarle nello sviluppo organizzativo, ecc. In questo quadro per poter produrre nuovi posti di lavoro, è importante far ripartire l’economia locale. Ciò potrebbe favorire un più veloce riassorbimento dei lavoratori oggi in cassa integrazione e mobilità, dando nel contempo una chance in più anche ai nostri giovani laureati. La proposta di TRE mi sembra oggi difficilmente realizzabile, per i costi economici a carico di enti pubblici che già hanno mille problemi; per le aziende a cui chiediamo di salvaguardare il proprio patrimonio professionale, trovando soluzioni alternative ai licenziamenti.
    È necessario un nuovo patto per il lavoro, che veda davvero insieme tutti gli attori sociali.

    Più ricerca per lo sviluppo
    In questa fase di grave congiuntura – commenta Giuseppina Morolli, segretario provinciale Uil – è certamente meno agevole che in altri periodi suggerire risposte risolutive. L’attuale crisi ha messo in luce come sia indispensabile il passaggio ad un circolo virtuoso istruzione-formazione¬lavoro-ricerca-innovazione i cui investimenti sia in termini di risorse umane che finanziarie, devono essere una priorità. Per questo serve un coordinamento in un quadro organico d’insieme: se questo non verrà attuato andrà sicuramente a scapito della crescita della persona e della competitività delle imprese.

    Nel nostro territorio sono poche le aziende che hanno fatto dell’innovazione e della tecnologia il loro punto di forza. L’anno scorso le imprese riminesi non hanno partecipato ai bandi regionali per l’assegnazione di risorse per chi investiva sulle nuove tecnologie. Occorre puntare su nuovi mercati, su prodotti di qualità, sulla ricerca. Il nostro futuro dipende anche dalle capacità di investire sulla conoscenza e l’innovazione, soprattutto tecnologica, e oggi più di ieri dobbiamo essere consapevoli che gli investimenti in capitale umano sono uno dei fattori strategici per lo sviluppo. A mio avviso la proposta presentata va nella direzione giusta, in quanto la nostra Provincia offre poche opportunità ai giovani, soprattutto laureati. E anche il sistema universitario manca di azioni di monitoraggio per quanto riguarda il rapporto tra aziende e lavoro. Siamo un territorio che non riesce a fare sistema.

    Non è un problema di costo del lavoro
    Sono ancora lontani i segnali di ripresa ventilati dal Governo e gli effetti della crisi si fanno sentire pesantemente – dichiara Graziano Urbinati, segretario generale Cgil Rimini -. Nel nostro territorio si prevedono migliaia di posti di lavoro in pericolo e il blocco di nuove assunzioni a tempo indeterminato. Poche o nulle le prospettive nelle grandi imprese, nel terziario avanzato e nella pubblica amministrazione, che costituiscono il potenziale bacino per i laureati.
    La crisi impone la difesa dei posti di lavoro. Difendere i lavoratori significa anche difendere le piccole e medie imprese (la maggioranza in provincia), in difficoltà per ragioni di mercato e poco o nulla sostenute dal credito. Queste hanno poca liquidità e scarsa capacità di investimento mentre il pubblico è schiacciato dai tagli alle risorse del Governo. Sulla sfida lanciata da TRE ci chiediamo: Quali sono le imprese private o pubbliche con caratteristiche innovative sia nella produzione che nei servizi che necessitano di tali figure? Le associazioni di categoria hanno l’autorevolezza necessaria per prospettare futuri scenari produttivi e di mercato e indirizzare le imprese poco innovative? Oltre ai giovani laureati, questo territorio è in grado di sostenere la formazione permanente per tutti i lavoratori di cui si ha bisogno? Mille euro netti e contribuzione a carico di Comuni e Provincia: si tratta di una semplificazione retributiva e contributiva o risponde anche ad un problema di costo del lavoro e quindi ad una facilitazione per chi assume? Se l’assunzione di mille giovani dovesse essere legata al costo del lavoro, non è la giusta soluzione: l’innovazione, la ricerca e la qualità non possono essere scambiate con la riduzione del costo del lavoro, semmai è il contrario.

    Provincia e Comuni possono incentivare le piccole e medie imprese a mettersi in rete: per ricerca, innovazione, commercializzazione, formazione ecc. creando così le condizioni per favorire l’inserimento di giovani laureati. Ad un tavolo istituzionale, le associazioni datoriali potrebbero stabilire, per le loro associate, che una parte di utili sia destinata annualmente all’assunzione di giovani laureati per incentivare innovazione e ricerca.

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