Fellini archiviato (e dimenticato)

Per la maggioranza dei riminesi, a cominciare dai giovani,  il nome di Fellini probabilmente non dice niente. Per i meno distratti Fellini è tutt’al più un Aeroporto o un manifesto (visibile in questi giorni) che annuncia la prossima notte rosa, la festa di inaugurazione della stagione estiva.

La Fondazione non ha fallito perché ha fatto qualche debito,  ma per la semplice ragione che non è riuscita a trasmettere e far rivivere in questo territorio la creatività, la genialità e lo spirito che animava l’opera di un grande regista come Fellini. 

Prova ne sia che nella sua città, al di la della solita e stanca retorica, gli anniversari scorrono senza lasciare traccia (non è una novità, perché la stessa cosa è capitata con il disco Rimini, di Fabrizio de Andrè). Da poco (febbraio 2010)  sono trascorsi cinquant’anni dalla prima uscita de La dolce Vita, un film “bellissimo, rivoluzionario e scandaloso” come ha scritto Natalia Aspesi su La Repubblica (7 febbraio 2010), ma a Rimini non se n’è accorto nessuno.  

Indro Montanelli, invitato dallo stesso Fellini a visionare in anteprima il film presso la sua casa romana, una notte di gennaio del 1960, qualche giorno dopo scrisse sul Corriere della Sera: “Fellini non raggiunge vette meno alte di quelle che ha toccato Goya nella pittura. Il nostro cinema non ha mai prodotto qualcosa di comparabile con questo film. Qui non siamo in un cinema. Siamo di fronte ad un affresco, qualcosa di eccezionale, non perché rappresenta di più o meglio quello che fino ad oggi si è portato sullo schermo, ma perché va nettamente oltre, violando tutte le regole e le convenzioni”.

Non fu nemmeno una uscita facile (da certi ambienti il film fu definito immorale, anche se non c’è nemmeno l’ombra di un nudo femminile. Oggi finirebbe tra i casti): a Milano ci furono insulti, fischi e qualche sputo; a Roma, in Piazza di Spagna, una vecchietta lo prese per  la cravatta per gridargli che “ piuttosto che dare questo scandalo era meglio che si legasse una corda al collo per tirarsi al mare!”.

Lo stesso Vaticano non fu meno tenero nella condanna, ma involontariamente contribuì a farlo conoscere nel mondo.

 A Torino, in occasione dell’anniversario della Dolce vita , il Museo Nazionale del Cinema ha organizzato una esposizione di foto di strada che ripercorre alcuni frammenti di quell’epoca (dai caffè di Via Veneto, alla Roma notturna e altro).   

 Bologna ha organizzato, presso il Museo d’Arte Moderna (MAMbo), la mostra Federico Fellini. Dall’Italia alla luna, aperta fino al 25 luglio, ispirata ad un precedente esposizione che si è tenuta a Parigi a fine 2009, contando con 450 mila presenze.  

 E Rimini ?  Semplicemente non ha fatto niente. “E’ singolare, ha scritto Anna Tonelli su La Repubblica del 20 febbraio 2010, come il fallimento della Fondazione Fellini emerga proprio nel momento in cui si festeggia il compleanno dei 50 anni di La dolce vita festeggiato in tutto il mondo. Ancor più ingiustificato di fronte al cantiere del cinema Fulgor..”. Tutto vero. Ma il fallimento, prima ancora che economico, è culturale e di gestione. Una prova in più che senza energie fresche e grandi visioni, pur disponendo di enormi risorse, questo territorio rimarrà sempre una provincia di periferia.