Far tornare la gente a lavorare

“Il nostro obiettivo più importante è quello di far tornare la gente a lavorare. Non è un problema irrisolvibile se affrontato con saggezza e coraggio”. Questa frase, importante e che tutti vorremmo ascoltare in questi giorni, perché testimonia quanto meno la volontà di un impegno straordinario, non l’ha pronunciata (purtroppo) nessun dirigente pubblico o privato di Rimini, e nemmeno nazionale, ma è tratta dal discorso d’insediamento del Presidente americano Franklin Delano Roosevelt  il 4 marzo 1933, dopo la grande crisi del 1929 che gettò sul lastrico milioni di lavoratori.

Sulle ragioni  di questa mancanza di coraggio ci sarebbe molto da dire, ma non è questo il luogo.

Ripetere però alcune cifre può risultare noioso, ma bisogna farlo perché resti  bene in mente, in particolare in quella di chi ha qualche influenza nelle decisioni. In Italia c’è un problema lavoro più grave che altrove. Per esempio in Germania, Danimarca, Svezia, Regno Unito lavorano più di sette persone su dieci. In Italia non arriviamo a sei.  Nello stesso gruppo di paesi sono occupati più di cinque giovani su dieci, in Italia meno di due.

ARimini iltasso di disoccupazione  è il più alto dell’Emilia Romagna e quasi un giovane su quattro è senza lavoro.  Secondo le ultime stime (Confartigianato) la crescita del Pil provinciale, nel 2011,  è stata negativa, risultando il peggior dato regionale.

Ed a leggere le previsioni dell’economia emiliano romagnola per il 2012 non c’è molto da sorridere, perché se va bene crescerà dello zero virgola qualcosa, praticamente niente, e si dovrà attendere il 2013 per rivedere un timido più uno per cento. Percentuale che non creerà molto lavoro, perché il traino viene da spinte ben più vigorose.

 

Per uscire da questa crisi  ci vuole tanta volontà, e soprattutto non bisogna perdere nessuna opportunità. E le opportunità ci sono: nei mercati esteri e in quelli emergenti più dinamici, dove non è sempre vero che per esportare bisogna essere grandi, anche se aiuta; nella riqualificazione energetica degli edifici (veri colabrodi dal punto di vista della dispersione del calore e fonti di enormi sprechi di denaro) e nella produzione di energie rinnovabili, non solo per ragioni ambientali, ma perché l’Europa ha fissato precisi obiettivi  per il 2020, che se non verranno raggiunti ci saranno multe da pagare, per gli Stati ma anche per i Comuni; nel ripensare le città, perché siano più intelligenti, più sostenibili, a cominciare dalla mobilità, e più umane. Che vuol dire anche più attrattive per i turisti; valorizzando adeguatamente le tante unicità presenti sul territorio e promuovendo nuovi prodotti turistici,  che possano rappresentare una valida alternativa all’escursionismo che da tanto movimento ma non genera ricchezza; accelerando progetti che porterebbero nuovo lavoro, come il Polo del benessere a Rimini; stando vicini alle necessità di crescita delle imprese che investono, innovano e conquistano nuovi mercati.  L’Ente pubblico deve essere visto come un facilitatore delle imprese e non un ostacolo, come di fatto viene oggi percepito. Perché non è accettabile, che in piena crisi di lavoro, che vuole ingrandirsi, creando nuovo lavoro,  trovi  più freni che stimoli. E soprattutto, spesso, non ottenga nessuna risposta.