Qualcuno si occuperà del lavoro ?

Primo maggio, festa del lavoro. Ma sarebbe più appropriato, visto i tempi che corrono, parlare di festa al lavoro. Chi possa gioire di  una disoccupazione al dieci per cento e  di un giovane su tre senza nessuna prospettiva non è chiaro, mentre è evidente che non tutti se la stanno passando male, con un manipolo sempre più ristretto che accumula ricchezze crescenti, magari portandole all’estero, mentre la maggioranza vede peggiorare drasticamente le proprie condizioni di vita.

In provincia di Rimini tra disoccupati, iscritti alle liste di mobilità, cassa integrati, scoraggiati che hanno smesso di cercare lavoro perché sanno di non trovarlo (è interessante, al riguardo, quanto dichiarato da Stefania Brisigotti, animatrice del gruppo facebook lavororiminiedintorni, nel corso della trasmissione di TRE dedicata al lavoro su Icaro TV secondo la quale molti albergatori preferirebbero assumere non locali perché ritenuti più “flessibili”) probabilmente stiamo parlando di circa venti mila persone, che sono altrettanti nuclei familiari,  quindi alla fine un malessere molto più diffuso.

In questa situazione, per  il 1° maggio,  ci saremmo aspettati una piazza piena, o comunque una partecipazione numerosa. Invece, all’iniziativa promossa dai tre Sindacati all’Arco d’Augusto c’erano un paio di centinaia di persone scarse, nessun politico, pochissimi o nessun giovane.  Una contraddizione evidente, ma a pensarci bene solo apparente.   Perché  i Sindacati si adoperano bene per difendere chi il lavoro rischia di perderlo, ma sono privi di proposte per chi un lavoro non l’ha mai avuto. Non è che le Istituzioni, le Associazioni economiche e i Partiti locali ne abbiamo molte anche loro, ma il lavoro dovrebbe costituire  un tema soprattutto per il Sindacato. Non solo ovviamente.  Da qui la spiegazione delle troppe assenze del primo maggio riminese. Senza obiettivi e senza proposte credibili, che quanto meno mostrino uno sforzo nella ricerca di soluzioni,  con la prospettiva che le cose non migliorino prima di un altro paio di anni,  non si scaldano i cuori e nemmeno le passioni.  Così  le migliaia di senza lavoro rischiano di restare   (come è stato fino ad oggi)  senza nessun punto di riferimento, arrangiandosi, ciascuno, nella spasmodica ricerca della propria soluzione, spesso accumulando solo frustrazione.   Ma non è per lasciare soli i più colpiti dalla peggiore crisi degli ultimi decenni che esistono le rappresentanze sociali, economiche e politiche.  Si rifletta su questa situazione e qualcuno, chi ha il ruolo per farlo,  decida di riunire intorno ad un tavolo tutte le forze responsabili con un obiettivo molto semplice: far tornare la gente, i giovani, le donne e i troppi riminesi che non ce l’hanno, a lavorare.  Ci sono tante cose che si possono fare, anche in ambito locale, si tratta solo di mostrare impegno e un pizzico di creatività. Non è invece più accettabile, e nemmeno giusto,  che il lavoro non figuri in nessuna agenda.