Export Rimini ancora lontano dai BRIC

Nel 2009, dopo un periodo di crescita ininterrotta che durava dal 2003,  le esportazioni della provincia di Rimini hanno subito una frenata del 24%, un punto in più del declino del commercio mondiale che è stato del 23%. Calo quasi identico delle importazioni.

Vuol dire che l’export provinciale sul valore aggiunto, già pari alla metà del valore regionale, è sceso dal 19% del 2008, al 14% del 2009 (in Emilia Romagna dal 38 al 30%).

E’ l’effetto della crisi, che ha colpito tutti i paesi (anche la Cina, che è diventato il principale esportatore mondiale, superando la Germania, nel 2009 ha visto calare il suo export del 16%). Rimini, che già esportava meno (48 mila euro per impresa contro  i 110 mila euro dell’Emilia Romagna, nel 2008),  si ritrova così ancora  più distante dai mercati mondiali.

Le sue esportazioni, guidate dai prodotti tessili e dell’abbigliamento, finiscono per tre quarti in Europa, con in testa Francia, Russia e Germania, un 11% circa vanno in America e altrettanti in Asia, uno scarso 3% in Africa e il resto in altri territori.

 Visto il calo registrato, e considerate le previsioni 2010 che danno una crescita economica dell’Europa inferiore al 2%, quindi con scarse possibilità di assorbire grandi quantitativi di nuovi prodotti, bisognerebbe chiedersi se non sarebbe opportuno, senza abbandonare il vecchio continente, ma volendo recuperare le esportazioni perse, e magari aumentarle, orientare gli sforzi verso quei mercati che stanno crescendo a ritmi più sostenuti. E’ il caso dei paesi BRIC (Brasile, Russia, Cina e India), che nel periodo 2010-2011 cresceranno tra il 5% del Brasile e il 9% della Cina, passando per il 7,5% dell’India. Un po’ meno la Russia, ma sempre più del 3%.

 Le esportazioni della provincia di Rimini in questi mercati stavano crescendo fino al 2008, poi sono crollate anche queste del 22%, ma  bisogna tener conto che non sono ancora niente (appena un decimo dell’export riminese) rispetto alle possibilità che offrono. Basta vedere il risultato cinese: nel 2009 l’economia di questo Paese è crescita del 9% , ma le esportazioni riminesi sono addirittura diminuite del 28%. Ed è ancora più clamoroso il crollo dell’export verso l’India (anche se il 2008 appare un anno eccezionale), mentre il suo Pil cresceva del 6,7%.

Se le imprese locali non riescono a conquistare fette di mercato nei Paesi che crescono, sarà più difficile farlo in quelli che stanno quasi fermi. Ma questi, è vero, sono mercati lontani e non facili da conquistare e mantenere, soprattutto per una piccola impresa. Qui entrano in gioco le reti di prodotto o di filiera. Bisogna cioè mettersi insieme per fare massa critica, dividere costi e servizi, proporre una offerta completa. Poi abbandonare l’idea del “mordi e fuggi”,  in favore di un progetto di medio-lungo periodo.  Chi infine pensasse di poter fare tutto da solo, sapendo in partenza di non avere le risorse, parte già sconfitto. 

L’interscambio dell’Italia con l’India è attualmente inferiore perfino al Belgio, eppure le opportunità non mancherebbero: segmento del lusso, design, nautica, moda, arredamento e alimentazione sono i settori più richiesti e apprezzati. Rimini, in questi settori, potrebbe dire molto. Ma bisogna lavorarci tutti insieme: imprese, associazioni e istituzioni preposte.  La Germania, dove il lavoro costa molto più che in Italia (a parità di potere d’acquisto 37 mila contro 26 mila euro), ha ripreso ad esportare alla grande, quindi è possibile invertire la tendenza.

 Export riminese 2000-2009