L’Emilia Romagna è tra le regioni a maggiore sviluppo in Italia, ma la Romagna, stando al valore aggiunto per occupato, calcolato dall’Istat, è più indietro dell’Emilia. Produce cioè meno ricchezza. Questo ha conseguenze sui salari e sulle pensioni, che sono anche loro più bassi. Come commenta questi esiti e quali sono, a suo giudizio, la possibili cause ?
I dati della Romagna sono influenzati dall’industria turistica che non dà una continuità produttiva annuale e quindi il valore aggiunto e il salario viene mediato. Il territorio in buona parte montano non aiuta lo sviluppo di un industria di alto livello.
L’Emilia si è sviluppata intorno a grandi poli industriali ( ceramica, motori, food, parmigiano, prosciutto) mentre la Romagna vive prevalentemente di turismo balneare.
I Comuni della Valmarecchia, almeno i principali, in quanto a produzione di ricchezza per occupato appaiono messi meglio, escluso Novafeltria, del capoluogo Rimini, grazie soprattutto alle imprese industriali presenti. Non converrebbe potenziare ed estendere questi insediamenti ?
Il dato non tiene conto di una alta valle nel suo insieme ma solo di alcuni comuni e mancano Talamello e Pennabilli sedi della Salcavi e della Valpharma che avrebbero certamente fornito un’ altra lettura del dato.
Per potenziare gli insediamenti industriali, ma in genere l’economia dell’entroterra, bisogna migliorare le infrastrutture: strade e banda larga in primis. La conformazione morfologica e idrogeologica del nostro territorio non permettono grandi insediamenti industriali (mancano grandi aree attrezzate e servite) e la realizzazione degli immobili ha un costo maggiore rispetto ad aree più pianeggianti e con meno rischi idrogeologici.
Gli stessi strumenti urbanistici (ptcp e psc) danno indicazioni opposte: meno industrie e in luoghi circoscritti e accorpati. Risulta quindi difficile immaginare nel nostro territorio grandi insediamenti industriali, mentre la nostra vocazione e la nostra possibilità di ripresa passano dalla agricoltura e dal turismo (storico, culturale, sportivo) che faccia leva sulla bellezza del territorio e sulle eccellenze in campo gastronomico, culturale, museale.
Novafeltria non ha mai avuto un forte tessuto industriale ma rappresenta il centro dei servizi per l’intera Altavalmarecchia (scuole, ospedale, uffici amministrativi, ecc) e questo incide positivamente sulle retribuzioni ma meno sul valore aggiunto tangibile. La vocazione dei nostri territori non è industriale, ma agricola e turistica dove la bellezza del paesaggio è un punto di forza, diventa quindi difficile immaginare qui grandi insediamenti industriali
Se la produttività dei comuni capoluoghi della Romagna è più bassa rispetto a quella dell’Emilia, per tanti dell’entroterra il ritardo è, come abbiamo visto, anche maggiore. Cosa bisognerebbe fare, a livello di Romagna, per ridurre queste distanze ?
Occorre creare/potenziare le infrastrutture, in particolare una strada di comunicazione a scorrimento veloce fra l’Alta e la Bassa Valmarecchia; è una esigenza sentita dall’industria, dalla agricoltura, dal comparto turistico, da quello dei servizi (scuola, sanità, pubblica amministrazione), dalle associazioni di categoria e dalle tante persone che quotidianamente attraversano la Valmarecchia lungo la strada 258 divenuta ormai urbanizzata, ad alta incidentalità e tempi di percorrenza proibitivi.
A chi dovrebbe spettare l’iniziativa, posto che le Provincie praticamente non esistono più e non si intravvede un Ente romagnolo che possa sostituirle ?
Da una Unione dei Comuni Montani che hanno caratteristiche e bisogni omogenei sui servizi e infrastrutture, dalla Provincia se riacquista quel ruolo importante di ente più vicino al territorio e ai bisogni dei cittadini e da una buona politica regionale che sappia ascoltare e rispondere ad un territorio con delle proprie peculiarità e bisogni e non faccia di noi “una media regionale”. Analizzando anche i dati di macroeconomia regionale fra Emilia e Romagna, la creazione di una Regione autonoma di Romagna sarebbe auspicabile.