Energia verde a bassa potenza

di Mirco Paganelli

Di quanta energia ha bisogno ogni anno la provincia di Rimini per funzionare? I suoi valori aumentano di anno in anno. E quanta di questa energia deriva da fonti rinnovabili, rispettose dell’ambiente e della salute umana? Poca, ancora troppo poca. Per la precisione, appena il 3 per cento. La “macchina” targata RN dipende ancora per un terzo dai combustibili fossili e non riesce a sganciarsi in maniera netta dalla dipendenza del petrolio tipica dell’era industriale. Occorre cambiare passo ma ciò tarda ad avvenire, a partire dalla realtà locale. Prima delle leggi serve un vero e proprio mutamento culturale a cominciare dalle abitudini delle famiglie e dei produttori di beni e servizi.

UNA PROVINCIA POCO “RINNOVABILE”

L’obiettivo europeo per il 2020 è quello di ridurre le emissioni dei gas serra portando il bilancio energetico dei Paesi a dipendere per almeno il 20 per cento da fonti rinnovabili. Ancora diciassette punti distanziano Rimini dalla meta. Rimangono cinque anni e negli ultimi quattro l’incremento della quota “verde” di energia è stato pari a zero. Ci dobbiamo aspettare un miracolo?
Mettendo a confronto il bilancio energetico provinciale del 2014 con quello del 2010, la quantità di energia consumata e il bilanciamento tra petrolio, gas naturale, fonti rinnovabili ed energia elettrica – le quattro forme di energia presenti sul territorio – rimangono pressoché invariati. “Ciò può essere considerato un fatto positivo nell’ambito dei consumi, i quali si sono mantenuti costanti, e le motivazioni possono essere ritrovate nel contesto generale della crisi socio-economica che porta inevitabilmente ad una maggiore attenzione ai consumi e ad una tendenza al risparmio”, commenta la Provincia di Rimini all’interno del documento per la promozione del risparmio energetico e delle rinnovabili PARFER 2015.
“Altrettanto non si può dire per la produzione di energia, in particolare quella da fonti rinnovabili: la percentuale è ancora estremamente bassa, la crescita molto lenta e gli obiettivi prefissati rimangono ambiziosi”. E a sua discolpa l’Ente di Corso d’Augusto sottolinea di non avere “in nessun modo potere di influire sulle scelte private di cittadini e aziende. A differenza degli incentivi messi a disposizione da Stato o Regione, la Provincia non ha propri fondi economici”.
Ogni anno consumiamo l’equivalente di oltre 800 mila tonnellate di petrolio e nonostante Rimini sia motivata a ridurre i consumi e ad implementare le fonti di energia alternativa, i risultati sono scarsi e la previsione è vista al rialzo per i prossimi cinque anni.

FOTOVOLTAICO CON POCA… LUCE

Vediamo nel dettaglio a che punto è l’energia “verde” di Rimini. In regione, abbiamo la più bassa potenza di impianti fotovoltaici. Il loro numero è piuttosto elevato (3.876) pari a quello di Parma e Piacenza, ma sono di piccole dimensioni e la loro potenza è addirittura la metà di quella delle due città emiliane. In totale generano 75,5 MW (il 4,25% di tutto il fotovoltaico emiliano-romagnolo). Per avere un’idea del peso di questa cifra, basti pensare che equivale a 8 mila e 500 tonnellate di petrolio: dunque 8 mila e 500 tonnellate di petrolio in meno, che non vengono bruciate in atmosfera. Bene.
Ma quante ne consuma Rimini attraverso l’utilizzo dei carburanti? Oltre 270 mila. E il trend è in crescita. “Questo dato – prosegue la Provincia – dimostra la prevalenza sul territorio riminese di molti impianti di piccole dimensioni a servizio degli edifici, confermando il fatto che negli ultimi tre anni non vi è stato un cambio in questa tendenza e che si è continuato a privilegiare l’installazione e l’uso di pannelli sui tetti anziché a terra. Così facendo è stata mantenuta la vocazione agricola del territorio e non è stato consumato suolo per fini legati alla produzione energetica”.
Nonostante la sua scarsa potenza, il fotovoltaico riminese rappresenta l’unico settore delle energie rinnovabili in crescita: da solo costituisce un terzo del comparto “verde”. I comuni con la maggiore potenza installata sono nell’ordine: Rimini, Bellaria e Pennabilli. Altri piccoli comuni in prima linea nello sfruttare i raggi solari sono: San Leo, Monte Colombo, Torriana e Verucchio. Gli impianti di maggiore dimensione sono quelli di Pennabilli, San Leo e Casteldelci, territori collinari con ampi spazi non urbanizzati, disponibili per impianti di grandi dimensioni. Quanto sia, poi, auspicabile vedere ettari di terreno sottratti alla natura e all’agricoltura per installare decine di pannelli di plastica e fibra di vetro è un tema ancora aperto, oggetto di ampie discussioni che coinvolgono la tutela del paesaggio. Sull’altro piatto della bilancia stanno gli indispensabili benefici derivanti dalla riduzione dell’uso combustibili fossili.
Per quanto riguarda le altre forme di energia derivanti da fonti rinnovabili, la tecnologia idraulica riguarda solo i comuni dell’Alta Valmarecchia, in particolare San Leo, Novafeltria e Pennabilli grazie ai “salti idrici” generati dal fiume Marecchia e sfruttati dagli impianti idroelettrici. La sua produzione dipende esclusivamente dalle condizioni meteo e di piovosità. Per questo settore si è già raggiunta la massima potenzialità di sfruttamento e rappresenta il 21% del comparto “rinnovabili” della Provincia. I settori eolico e geotermico, nonostante gli obiettivi di sviluppo, non hanno ancora avuto modo di impiantarsi a Rimini: in Italia in generale sono ancora in fase di studio i parchi di pale eoliche off-shore, al largo dalla riva. Anche per l’utilizzo di biomasse era prevista una crescita, che non c’è stata.

RITORNO ALLA TERRA

Nonostante l’economia riminese non dipenda dall’agricoltura, è degno di nota l’incremento dei consumi elettrici afferente a questo settore, il quale per il Servizio Agricoltura, Ambiente ed Energia della Provincia “può essere letto come un ‘ritorno alla terra’, nel senso di un richiamo verso le attività legate all’agricoltura e alla coltivazione dei prodotti tradizionali del territorio romagnolo, incentivato dalle nuove tecnologie e da una rinnovata attenzione al cibo buono, sano e di qualità”. E ancora, “La vocazione turistica del territorio riminese, che si è sempre concentrata sulla zona di costa, da qualche anno sta riscoprendo anche un entroterra ricco di storia e cultura, che insieme alle tradizionali attività di produzione eno-gastronomica di qualità, sta portando questo settore verso una forte crescita economica”. Di certo il settore più energivoro continua ad essere il terziario, quello dei servizi, che da solo brucia metà dell’energia della Provincia e che per il 27% è rappresentato dal turismo. Industria ed abitazioni si spartiscono equamente l’altra metà del bilancio energetico provinciale mentre l’agricoltura è ferma al due per cento. La speranza è che questa aumentata sensibilità verso il suolo che dà origine alla vita – constata a Rimini come altrove – sia prodromo di un’inversione di tendenza nell’uso di fonti di energia inquinanti.