Emergenza lavoro

Un recente studio del Censis su territorio e sviluppo inserisce la provincia di Rimini tra le “aree di benessere maturo in metamorfosi”. Si tratta, prosegue, di zone (ne sono state individuate quindici in Italia) caratterizzate da un livello di reddito medio-alto, da lungo tempo contrassegnate da tassi di occupazione più elevati della media nazionale e da tassi di disoccupazione più contenuti rispetto al resto del Paese.

Un posizionamento tutto sommato apprezzabile, ma è la metamorfosi, cioè cosa stiano diventando, che dovrebbe preoccuparci, se non arrivano forti segnali di cambiamento, pur tra  le difficoltà, che possano generare fiducia nel divenire.

L’anno scorso l’Inps ha registrato cinque mila posizioni lavorative in meno, che sommati agli oltre quindici mila disoccupati ufficiali (dato 2012), fanno già venti mila senza lavoro. Se aggiungiamo i lavoratori in cassa integrazione che rischiano di perdere il posto, altri cinquemila circa, arriviamo a venticinque mila senza lavoro, che sono il sedici per cento della forza lavoro provinciale. Un numero non troppo lontano dalle ventottomila domande di disoccupazione, tra ordinaria e con requisiti ridotti (stagionali), arrivate all’Inps.

Di fronte a questi numeri, invero allarmanti, piuttosto che trincerarsi disarmati dietro la gravità della situazione generale, sarebbe opportuno che ciascuno, Istituzioni pubbliche e Associazionismo privato, si chiedesse cosa sto facendo per uscirne fuori. Sappiamo, per esperienza diretta, che molte aziende stanno facendo l’impossibile per rimanere sul mercato e conquistarne dei nuovi, soprattutto all’estero. Queste andrebbero valorizzate e supportate al meglio. Troppo spesso, all’unanimità, ci si scaglia contro il fisco e la burocrazia, pensando però sempre che siano gli altri (lo Stato, la Regione, ecc.)  a dover agire, dimenticando invece che tante cose si possono  migliorare a partire dal territorio. Molte volte senza costi, solo applicando un po’ di buon senso e di buona volontà.

Ma purtroppo non basta. I numeri dei senza lavoro, tra cui tanti giovani, sono troppo alti per sperare in un loro assorbimento naturale  a breve, senza una politica attiva per il lavoro, che poi vuol dire per le imprese, le uniche deputate a questa funzione.

Ce lo siamo detti tante volte, il modo di produrre cambia ed anche il lavoro deve andare alla ricerca di nuove opportunità. Ogni territorio, a partire dalla sua storia e dalle risorse disponibili, dovrebbe valutare attentamente le sue potenzialità ed investire in settori nuovi. Settori innovativi, magari inesplorati, dando spazio a tanti talenti, locali e non, che attendono solo di essere valorizzati.

Ma questa ricerca di nuove opportunità a Rimini non si vede. Anzi, se qualcuno viene con una idea nuova, più che essere accolto a braccia aperte, viene parcheggiato nell’indifferenza e nei tempi indeterminati, come se il mondo stesse ad aspettare le nostre decisioni che non arrivano.

Nel recente passato si è parlato di polo del benessere, che avrebbe dovuto creare un paio di centinaio di posti di lavoro, si è messo in cantiere un incubatore per nuove imprese, c’è un polo tecnologico da attivare, addirittura potremmo aprire una filiale dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, ma ancora una volta i tempi sono i più incerti.

Nell’urgenza di trovare soluzioni, o almeno provarci, c’è il Prefetto che ha attivato un tavolo anti crisi, c’è la Diocesi di Rimini che ha lanciato un Fondo per il Lavoro, ma è stupefacente la totale assenza d’iniziativa delle Amministrazioni locali, soprattutto di quelle più grandi, che dovrebbero funzionare da traino e guida anche per le più piccole.  Da loro silenzio quasi assoluto.  Il tema del lavoro non esiste, inutile attendersi proposte. Così siamo al paradosso che il problema più urgente dei governati, non viene preso minimamente in considerazione dai governanti locali.   Distacco più grande non potrebbe esserci.