Elezioni e “deodoranti”

Il candidato deve essere bello, in qualche modo, o virile o paterno. Deve saper intrattenere il pubblico senza annoiarlo. Il pubblico, avvezzo alla televisione e alla radio, vuole lasciarsi distrarre, e non ama che gli si chieda di concentrarsi, di compiere una lunga fatica intellettuale. Perciò i discorsi del candidato/attore devono essere brevi e scattanti. I grandi problemi del momento devono essere liquidati in cinque minuti al massimo….I metodi che si usano oggi per vendere il candidato politico, come se fosse un deodorante, danno all’elettorato questa garanzia: egli non sentirà mai dire la verità, su niente”.

Scrive così, nel 1958,  lo scrittore  britannico Aldous Huxley nel finale del volume  Il ritorno al mondo nuovo, nella parte dedicata alle elezioni e alla potenza persuasiva della televisione. Vista l’attualità di quello che scrive, sicuramente un visionario.

Questo può succedere, ce ne danno prova i numerosi  dibattiti televisivi dove la semplificazione e gli slogan vincono quasi sempre sulla complessità dei problemi, se i cittadini-elettori accettano di votare per un “deodorante” in luogo di un Sindaco capace di offrire soluzioni ai problemi della sua città.   Se, al contrario, gli elettori non si accontentano  delle mezze verità e della battuta ad effetto,  devono porre ai candidati domande sui problemi reali e pretendere  risposte  competenti, persuasive e praticabili.

Le città, anche se le nostre non sono grandi, sono organismi complessi e i problemi sono tanti: le strade, la mobilità, i servizi, la manutenzione, l’arredo, i musei, la difesa dell’ambiente, ecc.  Quando tutto funziona in una città si vive meglio. Questo lo percepiscono i residenti, ma anche i visitatori, siano essi turisti, potenziali investitori, giovani talenti, imprese in cerca di localizzazione.  Perché dinamismo e qualità urbana fanno sempre  più rima con competitività e attrattività.

La qualità urbana, però, da sola non basta. E’ un elemento necessario ma non sufficiente, se non è accompagnata da altre qualità che i cittadini percepiscono come altrettanto importanti, come sono le opportunità lavorative, quelle di fare impresa potendo disporre dei servizi e dei sostegni adeguati, della ricerca applicata, di una formazione al passo con i cambiamenti, del riconoscimento del merito e delle buone idee sulle rendite di posizione, presenti anche in sede locale.

Domandarsi come mai dei dieci miliardi di euro che nel 2015 sono stati investiti da gruppi stranieri in Emilia (solo a Crespellano, vicino Bologna, la Philip Morris ha creato 600 nuovi posti di lavoro),  pochi, per non dire nessuno, sono arrivati in Romagna, per non parlare di Rimini, sarebbe già buon  inizio.  In una provincia dove le imprese diminuiscono e il lavoro soffre, in quantità e  in qualità, colpendo soprattutto giovani e donne.

Non sono questi problemi, oltre che dei cittadini, anche dei Sindaci ?  Certamente. Allora va chiesto ai candidati  che si propongono di governare le nostre città, quali soluzioni propongono, come e con chi intendono sostenere, promuovere e incentivare  uno sviluppo locale  che punti  a  creare  buon reddito, che solo può nascere da un buon lavoro e da buone imprese.

A partire dal turismo, da troppi anni fermo e dove i posti di lavoro, benché in maggioranza stagionali, potrebbero essere molto più numerosi di quelli attuali, per giunta in calo.  Posti di lavoro magari non pagati con i voucher, pensati per lavori brevi e occasionali,  ma con forme retributive  più rispettose dell’impegno dei collaboratori.   Perché un turismo di qualità non è sostenibile senza  buone professionalità, che vanno adeguatamente retribuite.