Accade tutto, o quasi, a Mondaino, un piccolo comune sulle colline riminesi della Valconca, dove vivono poco più di mille abitanti, e deve il suo nome, pare, al daino, animale sacro a Diana, dea della caccia, venerata, da quelle parti, sin dall’antichità.
Per il nostro racconto Mondaino sta a Galanti, come quest’ultima alla storia nazionale e internazionale degli strumenti musicali.
Un lungo viaggio, il cui racconto comincia con la visita alla vecchia sede dell’azienda, che ospita anche un museo degli strumenti musicali, soprattutto fisarmoniche, durante le ultime giornate del FAI (Fondo Ambiente Italiano) del marzo scorso, e che oggi riprendiamo con uno dei discendenti: Maurizio Galanti.
Una storia ultra centenaria che ha inizio addirittura a fine Ottocento, quando Antonio Galanti, il capostipite, per cercare fortuna, come capita a tanti migranti, decide di andarsene in Romania. Qui osserva che in tutte le fiere e feste popolari non mancano mai la giostra e la musica.
Dotato di un discreto spirito di intraprendenza, tornato in Italia si costruì una giostra, con cui cominciò a girare le fiere di paese della Valconca e dintorni. Mancava, però, di accompagnamento musicale. A questo punto, essendo anche un buon ebanista decide di costruirsi un organetto. Fu un successo e tutti lo chiamavano.
Trasferì la passione per la musica anche ad alcuni dei suoi nove figli. Tre di loro, tra il 1905 e il 1920, emigrarono in America, a New York.
Qui, Domenico, il primogenito dei fratelli (gli altri si chiamavano Egidio e Robusto), quando sbarcò dichiarò di essere un falegname e trovò lavoro, qualche tempo dopo, nella ditta Iorio, fondata da italiani originari di Frosinone, che produceva e vendeva fisarmoniche per il mercato americano. Non solo perfezionò il mestiere di costruttore, ma per le sue abilità nel suonare la fisarmonica si guadagnò il titolo di “mani d’oro”. Tutte le balere di Little Italy (il quartiere degli italiani a New York) lo richiedevano.
Nel 1923 tornano a Mondaino e fondano la Premiata Fabbrica di Fisarmoniche F.lli Galanti, che aveva come principale mercato di sbocco proprio gli USA. Mercato dove aprirono persino una filiale: la Galanti Bros-New York.
Le cose andavano bene e nel 1932 inaugurano, sempre a Mondaino, il nuovo stabilimento, tra i primi, in Italia, ad essere costruito in cemento armato.
Dopo la seconda guerra mondiale la produzione riprende vigorosa, aprendosi anche al mercato europeo. Tuttavia, negli anni sessanta, nonostante il boom economico, la società cambia e la fisarmonica, fino ad allora strumento molto popolare, va in crisi. Galanti cerca di arginarla cominciando a produrre chitarre acustiche ed elettriche, vibrafoni e altro. Ma non basta.
In tanto avanza la musica pop (Beatles, Pink Floyd, ecc.) che utilizza nuovi strumenti. Tra questi l’organo elettronico: compatto, facile da trasportare, più economico (si può comprare con qualche migliaio di euro), flessibile.
Nasce così, a fine anni ’50, per iniziativa di Matteo Galanti, figlio di Egidio, tornato dall’America dove ha studiato, con i fratelli Piero e Marcello, il marchio GEM (Generalmusic) che si dedicherà, primi in Italia, alla produzione di organi elettronici. Organi che per riprodurre il suono utilizzano i transistor, in luogo delle tradizionali canne d’organo.
Un decennio dopo sarà accompagnato da un secondo marchio, LEM (Laboratorio Elettro Musicale), per lo sviluppo e produzione di sistemi di diffusione audio (casse acustiche, mixer, microfoni professionali, ecc.).
Il mercato tira, l’export raggiunge una ottantina di paesi, nel 1974 apre un Laboratorio di ricerca e sviluppo persino negli Stati Uniti, e gli affari vanno alla grande, tanto che all’inizio del duemila il gruppo dava lavoro a circa 200 persone.
Poi arrivò la crisi, che si concluse, nel dicembre 2014, con l’acquisto del dominio generalmusic.com e dei marchi GEM, LEM ed ELKA di Castelfidardo, comprata nel 1989, da parte del gruppo finlandese Soundion Oy Ltd, tuttora sul mercato.
Nel frattempo, nel 1969, Marcello Galanti fonda la Viscount International, sempre a Mondaino, un po’ fuori dal paese, di fronte all’ex convento francescano di Monte Formosino. Oggi la conduzione dell’azienda è passata ai figli Mauro e Loriana Galanti, che hanno raccolto con rinnovato entusiasmo la sfida di un mercato musicale in continua trasformazione, utilizzando con successo le evoluzioni della tecnologia, dall’elettronica analogica a quella digitale, fino ad arrivare all’innovazione brevettata “modellazione fisica”, che permette di creare i suoni attraverso complessi algoritmi matematici.
Non è un caso che dei 60 addetti attualmente in forza presso la Viscount, ben 20 sono impiegati nel Laboratorio di ricerca e sviluppo, di cui una parte dislocati in Ancona. Ricerca che si avvale della collaborazione, in particolare per tutto quanto riguarda la creazione e modellazione fisica del suono, con le Università di Verona, Parma, Ferrara e di recente Ancona.
Nel corso degli anni, cercando di intuire gli orientamenti dl mercato, la Viscount International si è specializzata nella produzione, soprattutto, di organi liturgici, da chiesa ma non solo, di cui ne tira fuori più di duemila l’anno, per quattro quinti esportati in diversi parti del mondo come: Olanda, Germania e Gran Bretagna, per restare in Europa, ma anche USA, Giappone, Cina , Corea del Sud e perfino l’Africa. In genere dove ci sono forti realtà cattoliche.
In azienda hanno il reparto di falegnameria e verniciatura, ma molti componenti vengono da fuori, ed anche loro stanno soffrendo la mancanza di microchip, importati dalla Cina o da Taiwan, il cui prezzo negli ultimi tempi è addirittura decuplicato. Mentre per altre parti le consegne sono state addirittura programmate per il 2026 !
Al contrario, non hanno sofferto l’effetto del covid, e questa è una buona notizia. Forse le persone, dovendo stare in casa, si sono dedicate un po’ di più alla musica.
Per finire chiediamo a Maurizio Galanti se produrre a Mondaino è penalizzante per un’azienda di respiro internazionale: qualche problema per la logistica, ci risponde, non si può negare, perché arrivare a Mondaino, per grossi camion non è proprio agevole. Uno svantaggio comunque compensato dall’attaccamento all’azienda e al territorio dei propri dipendenti.