Cronaca di un’estate “nera”

di Genny Bronzetti

“Cercasi schiavo per lavoro estivo”. Passeggiando per le strade del riminese, è impossibile non soffermarsi sul manifesto giallo che tappezza la costa. “Disponibilità 12 ore al giorno, no giorno libero, no diritti sindacali, no perditempo, retribuzione apparentemente buona”. I turisti guardano perplessi, gli imprenditori scuotono la testa, gli stagionali sorridono amaro. Non è uno scherzo, ma una provocazione che da tre anni coinvolge un esercito, quello degli stagionali, senza un giorno di riposo, senza contributi e spesso in nero. L’estate appena trascorsa ha fatto spesso notizia, da questo punto di vista: dalle irregolarità nelle strutture ricettive ad alcuni casi eclatanti come quello dei dipendenti senza stipendio dell’hotel Mosè di Torre Pedrera e lo sciopero dei cuochi e camerieri del Maracaibo di Rivazzurra con i turisti a letto senza cena. E non si tratta solo di immigrati: secondo i dati di quest¹anno, a causa della crisi in atto, c¹è stata infatti una percentuale maggiore di lavoratori stagionali del posto, rispetto alle estati passate.
Tra i tanti, rappresentativo è il caso di D. M., che lavora in un albergo della zona. Il suo lavoro gli piace, e si sente portato al contatto con la gente, “ma questo è il primo e l’ultimo anno”, racconta. “Sono stanco. Lavoro dalle 7 del mattino alle 15 e poi dalle 18.30 fino a circa alle 21. Sono quasi 11 ore al giorno”. Il giorno libero? “Certo che no. Guadagno 1200 euro al mese. Ho iniziato a fine maggio e finisco la prima settimana di settembre, quindi sono circa tre stipendi e mezzo”. Insomma, un’estate dura, ma poi, nel’ultima busta paga gli saranno riconosciuti tutti i diritti che gli spettano, come TFR e straordinari?”In realtà no. Mi hanno detto che mi danno 1200 e basta, tutto compreso”. D. M. è giovane, e forse non sa ancora quali sono i suoi diritti. “So che non mi pagano quanto dovrebbero per tutte le ore che faccio, ma non so bene quanto dovrei prendere. Il rapporto con i miei datori di lavoro è molto buono, sono persone tranquille e non ho mai avuto problemi di nessun tipo. Nemmeno i miei colleghi, ma anche loro guadagnano quanto me”.
La situazione del nostro giovane intervistato è abbastanza tipica, ma se presso la struttura in cui lavora dovesse esserci un controllo da parte dell’ispettorato del lavoro? D. M. ha indicazioni precise in merito: “Se dovessero venire gli ispettori di mattina, per esempio dico che alla fine del turno scritto sul contratto, vado via. Se invece dovessero venire in un momento in cui non dovrei essere lì a lavorare, dico semplicemente che poi recupererò quelle ore la settimana dopo”.

Contrastare si può
Ma intervenire contro il lavoro nero si può. A cominciare dai controlli, ma prima ancora dalla consapevolezza dei propri diritti. A questo proposito Gianluca Bagnolini (Fisascat Cisl), spiega: “Se facciamo un approssimativo calcolo delle ore di straordinario che un lavoratore stagionale fa a settimana, arriviamo senza problemi a 30 o 40 ore”. Tutte queste ore, moltiplicate per il minimo sindacale che un normale lavoratore dovrebbe percepire in busta paga, farebbe ammontare lo stipendio ad almeno 2.500 euro mensili. Cifre molto lontane da quelle proposte dagli imprenditori della riviera, che in genere oscillano tra i 1.200 e i 1.400 euro, tutto compreso.”³Gli stagionali mediamente perdono dai 1.000 ai 1.500 eur” continua Bagnolini. E’ ancora presto per tirare le somme e i conti veri e propri si faranno a fine stagione, ma soltanto il 30% circa dei lavoratori stagionali si rivolgerà al sindacato.”³Considerato che, sempre parlando per approssimazione, almeno l¹80% degli esercizi stagionali presenta qualche irregolarità, sono ancora pochi coloro che si rivolgono a noi e questo è frutto soprattutto d’ignoranza. Innanzitutto le persone non sanno quello che perdono, oltre che a livello di busta paga, anche a livello di disoccupazione. A Rimini si vive in un background culturale per cui il lavoratore stagionale accetta incondizionatamente orari inammissibili per stipendi inadeguati”.

Le bugie
Ma la vertenzialità quest’anno appare in aumento, e questa crescita è un trend che si ripete ogni anno. “Le irregolarità più frequenti sono quelle relative agli orari di lavoro e al giorno di riposo” prosegue Bagnolini che ritiene “scandaloso e incivile che nel 2010 si possa ancora disputare se il giorno di riposo sia o no legittimo”.
Le vertenze riguardano sia cittadini italiani, sia lavoratori di nazionalità straniera, ma sono più frequentemente gli italiani a denunciare “perché meno ricattabili. E’ necessario che gli stranieri comprendano che non possono essere ricattati per i loro diritti di lavoratori. Molti dipendenti che si rivolgono a noi per una vertenza raccontano che, se sul loro posto di lavoro c’era già stata un’ispezione, avevano dichiarato il falso all’ispettore. Questo accade perché c’è paura di dichiarare la verità, ed è inammissibile. Bisogna sempre asserire la verità” conclude Bagnolini.
Dello stesso avviso è il dottor Massimiliano Chieppa (Direzione Provinciale del Lavoro): “Si mente soprattutto sulla data di effettiva assunzione. Infatti, secondo le normative vigenti, il cosiddetto periodo di prova dovrebbe essere regolarizzato, mentre nei fatti, spesso, i dieci giorni di prova, sono dieci giorni in cui il lavoratore svolge la sua mansione completamente in nero. In questo caso, la data di assunzione non corrisponde con la data in cui il lavoratore inizia realmente la sua attività. L’altra usuale asserzione falsa riguarda l’orario di lavoro, cui tutti immancabilmente rispondono 6 ore e 40 minuti”.
Ma come raggirare le menzogne, per giungere alla verità? “Purtroppo non è sempre facile. Innanzitutto si tenta di fare delle indagini incrociate con altri dipendenti. E poi, laddove sia possibile, si esamina documentazione di altro genere”. In altre parole, se la receptionist di un albergo ha lavorato “in prova” senza essere regolarizzata, gli ispettori controlleranno che la sua firma non appaia nella corrispondenza o nelle bolle di consegna dell’esercizio prima della sua data di assunzione. “Già dalle risposte e da come vengono fornite, l’ispettore può intuire che il lavoratore sta dicendo il falso, ma poi provarlo è spesso difficile, anche perché l’ispezione è un momento di stress per gli interrogati, che spesso temono le risposte da dare. La cosa più semplice, oltre che giusta, sarebbe dichiarare la verità” ribadisce Chieppa.

Controlli da potenziare
La sede operativa della Direzione Provinciale del Lavoro di Rimini conta in totale 26 ispettori, di cui 16 funzionari addetti alla vigilanza ordinaria, 5 alla vigilanza tecnica (cioè quella che si effettua in materia edilizia) e 5 carabinieri del Nucleo Tutela del Lavoro. Con questa squadra, nei mesi di luglio, agosto e settembre del 2009 sono state ispezionate ben 185 aziende, il 27% in più rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Con l’aumento dei controlli è cresciuta anche la percentuale delle aziende irregolari (+18%), che sono state 111. Un potenziamento, quello dei controlli, destinato a ripetersi anche nell’anno in corso: tra il 1 giugno 2010 e il 31 luglio 2010, infatti, sono già state eseguite, per il solo settore terziario, 99 ispezioni, per un totale di 413 posizioni lavorative verificate. I lavoratori a cui si riferiscono irregolarità accertate sono 67: tra questi, due minori e un clandestino.

Questione immigrati
Complessa è proprio la questione riguardo ai lavoratori di nazionalità estera. Se per le vertenze sindacali, infatti, la percentuale tra italiani e immigrati era vicina all’equivalersi, per le denunce a carattere ispettivo è necessario fare un distinguo: “Fino a qualche anno fa, anche i clandestini senza permesso di soggiorno si presentavano qui per denunciare le loro condizioni di lavoro” chiarisce Chieppa.””Sapevano, perché è nostro dovere farlo presente, che noi, oltre al dovere di raccogliere la loro denuncia, avevamo anche quello di avvisare la questura sulla loro situazione. Non sono mai stati un’alta percentuale, approssimativamente inferiore al 10%, ma c’erano. Da quando è stato istituito il reato di clandestinità, invece, quindi circa da due anni, i clandestini non denunciano più”.
Ben diversa la situazione degli immigrati con validi documenti di soggiorno, che si rivolgono alla Direzione Provinciale del lavoro di Rimini con la stessa frequenza con cui lo fanno i lavoratori italiani”Anzi – conclude Chieppa – a volte l’extracomunitario arriva prima dell’italiano, ha più consapevolezza dei propri diritti”.

Casi eclatanti
Il lavoro sommerso e irregolare rimane una piaga del tessuto economico turistico riminese con diversi alberghi rei di non pagare i salati ai loro dipendenti. Il primo atto del dramma è stato quello del Maracaibo di Rivazzurra cui si è già accennato, in cui cuochi e camerieri, non vedendo da mesi i loro stipendi, decidono di ammutinarsi e mandano a letto i clienti senza cena. Qualche settimana dopo, si scatena il secondo atto, questa volta presso un albergo di Riccione, i cui titolari non solo non pagano gli stipendi, ma tolgono persino vitto e alloggio ai dipendenti, costringendoli a dormire in spiaggia. Poi, ancora, il caso del Mosè di Torre Pedrera.”L’estate 2010 è caratterizzata da un’esplosione d’irregolarità non tanto dal punto di vista numerico, ma dal peso delle vertenze” spiega Mauro Rossi (Filcams Cgil) “Al momento noi siamo impegnati con una cinquantina di aziende con contenziosi di diversa natura, che vanno dalla mancanza del giorno libero all’orario di lavoro. Ma a Rimini non si era mai realizzata prima una situazione di una gravità tale come quella relativa alle strutture alberghiere di quest’anno”. La questione, come affermato dalla stessa presidente degli Albergatori di Rimini, Patrizia Rinaldis, è legata ai subaffitti degli hotel della riviera, in quanto le strutture incriminate sono tutte gestite da investitori che arrivano da fuori il territorio riminese.”E’ necessario che chi viene da investire sul nostro territorio sia integerrimo” dichiara Rossi, che a tal proposito ha già aperto un tavolo di confronto con le associazioni di categoria e le amministrazioni, coordinato dalla Provincia di Rimini. “La qualità del servizio passa anche attraverso un discorso di rispetto di regole etiche”, conclude il sindacalista, nella speranza, per il futuro, di riuscire a rasserenare l’oscura estate del lavoro nero.