Cassa integrazione 2010: quasi un raddoppio

Da tempo andiamo scrivendo che la situazione occupazionale, anche a Rimini, non è positiva. Ai Centri per l’impiego (CPI) quasi dieci mila persone sono in fila per un posto di lavoro. L’ultima  conferma che la situazione è seria ci viene dal riepilogo dei dati 2010 sulla cassa integrazione (ordinaria e straordinaria): da 2,8 milioni di ore del 2009 a 5,3 milioni del 2010, con un salto in avanti dell’84%. Se per caso non ci fosse stato questo ammortizzatore sociale probabilmente ci sarebbero due-tre mila disoccupati in più, che si aggiungerebbero a quelli già esistenti. 

Questo nell’anno in cui, seppure timidamente, ci sono stati segnali di ripresa. Ma evidentemente non per l’occupazione. Anzi, i numeri delle ore autorizzate di cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, ci dicono che i maggiori aumenti si sono registrati proprio sul finire del 2010.

Poi c’è un cambiamento nella composizione della cassa integrazione che accresce le preoccupazioni: l’80% della cassa integrazione 2010  viene dalla componente straordinaria, contro il 23% di un anno prima.  La CIG straordinaria in genere segue quella ordinaria e sta ad indicare un aumento significativo delle situazioni di crisi, ristrutturazioni, liquidazioni e fallimenti aziendali, che potrebbero portare anche a licenziamenti di massa,  qualora le situazioni aziendali non dovessero migliorare. In questo senso, in linea col dato nazionale, la situazione peggiora proprio nella seconda metà del 2010, quando scompare la cassa integrazione ordinaria per essere sostituita quasi esclusivamente da quella straordinaria. 

 Il 2011 non inizia quindi bene per il lavoro e i dati sembrano confermare le preoccupazioni più pessimistiche che non prevedono un miglioramento prima del 2013.  Con una aggravante per i tanti giovani, uomini e donne, che chiedono di entrare nel mercato del lavoro: le aziende prima di assumere nuovo personale vorranno riassorbire quello in cassa integrazione, procrastinando, di conseguenza, nuovi ingressi.   Urgono misure, anche locali, che diano risposte concrete a questo aspetto della crisi occupazionale.