Agenda 2011

Dalla crisi si sta timidamente uscendo. Ci sono segnali di risveglio dell’economia, nazionale e locale, ma il cammino per recuperare le perdite sarà ancora lungo. Secondo il Centro Studi di Confindustria non si tornerà al Prodotto interno lordo (Pil) del 2007, precedente la crisi, prima del 2013.

In termini di ricchezza prodotta per abitante siamo tornati ai livelli del 1998.  In questa situazione soffrono le aziende, ma ancora di più chi è alla ricerca di un lavoro. Perché lo ha perso, o perché lo sta cercando per la prima volta, come è il caso di tanti giovani.

Dallo scoppio della crisi sono un milione e duecentomila i posti distrutti fra i lavoratori italiani. Ma mentre all’inizio le perdite occupazionali erano concentrate tra lavoratori con contratti a tempo determinato e nel parasubordinato (negli ultimi tre anni, gli interinali, a Rimini, sono diminuiti del 40 per cento), nell’ultimo anno ci sono stati licenziamenti anche fra i lavoratori con contratto a tempo indeterminato.

In Italia un giovane (15-24 anni) su quattro è disoccupato, in Germania accade ad uno su dieci e nei paesi Ocse (quelli più sviluppati) ad uno su sei. Il rapporto tra disoccupazione giovanile e disoccupazione generale in Italia è di 3,7 volte, più elevato della media  dell’Unione Europea  che è di  2,8 volte  e dell’Ocse  2,7 volte.

Secondo dati Istat sui trasferimenti di residenza, nel 2009,  80mila italiani si sono cancellati dall’anagrafe per espatrio, un balzo di quasi 20mila unità in più rispetto al 2008.  Di questi ben 45 mila sono laureati, la maggioranza dei quali non tornerà, con una perdita economica per l’Italia valutata in oltre 4,5 miliardi di euro (ogni laureato costa all’erario, per la sua formazione, 100 mila euro).  Esportiamo cervelli ed importiamo lavoratori di  basse qualifiche.

La provincia di Rimini non è fuori da questi scenari:  gli occupati sono fermi a 135 mila già da due anni  e nessun segnale lascia prevedere che nel 2010 i numeri saranno migliori. Nello stesso periodo la popolazione residente (esclusi i nuovi comuni) è cresciuta del tre per cento e nei Centri per l’impiego poco meno di dieci mila persone, un po’ rassegnate,  sono in fila in attesa di una chiamata di lavoro.

 E’ evidente che in questa situazione non si può dire alle persone, e alle loro famiglie, di aspettare o di ripassare tra un paio di anni. Il lavoro che c’è va aggiornato e difeso, ma questo non basta. Senza nuove opportunità il rischio di spaccatura tra chi bene o male è dentro il mercato del lavoro, e qualche protezione ce l’ha, e chi invece è fuori diventa sempre più palpabile.  Fino ad oggi non si è fatto molto per creare nuove possibilità di lavoro, è ora di cominciare. Ci sono ritardi che andrebbero recuperati in fretta: è il caso degli incubatori di nuove imprese, in particolare della proposta di fare di Rimini una piattaforma per prodotti e servizi tecnologicamente avanzati per il turismo, di imprese da far nascere (start-up) sulla scia di ricerche universitarie e non, della nascita vera del Polo tecnologico, deciso più di un anno fa ma scomparso dalle cronache. 

Infine, nella gara a costruire nuove opportunità anche le banche devono fare la loro parte, cominciando a scommettere  e finanziare le nuove idee imprenditoriali, in particolare di giovani.