Aeroporto “Fellini” di Rimini a picco

Nonostante la situazione economica il traffico aereo non è in crisi, come testimonia l’aumento dei passeggeri degli aeroporti italiani che sono saliti dai 91 milioni del2000 a148 milioni nel 2011,  di cui 37,4 milioni dall’aeroporto di Roma-Fiumicino, 19,1 da Milano-Malpensa e 9,1 milioni da Milano-Linate.

Con questi numeri l’Italia  raggiunge il 9,6 per cento del traffico aereo europeo e si colloca al quinto posto nell’Unione Europea (UE) per numero di passeggeri trasportati, dopo Regno Unito (16,5%), Germania (14,5%), Spagna (13,5%) e Francia (10,9%).

Nell’Atlante degli aeroporti italiani del 2010, edito dal Enac (Ente nazionale aviazione civile)  e dal Ministero dei Trasporti, quello di Rimini figura tra i 45  aperti al traffico commerciale, che si affiancano ai 50 dediti al traffico privato, più altri, compreso 23 aeroporti militari, per un totale nazionale di  113 aeroporti (uno per provincia !).

Classificati per volume di traffico (passeggeri in arrivo e partenza), l’aeroporto “Fellini” di Rimini si colloca nella quarta fascia “dei piccoli aeroporti regionali”,  quelli che raggiungono un traffico compreso tra 250 mila e 1 milione di passeggeri l’anno. Nella stessa fascia rientra anche Forlì (344 mila passeggeri nel 2011), Parma ed Ancona (539 mila), per restare ai più vicini.

Appartiene, invece ad una fascia intermedia l’aeroporto di Bologna, che nel2011 hafatto  5,8 milioni di passeggeri, con un incremento del 6,7 per cento sul 2010.

La pista più lunga e il bacino di utenza

La pista principale dell’aeroporto di Rimini, che si estende per oltre 3 km(quella dell’aeroporto di Bologna è di 2,8 km), è la più lunga dell’Emilia Romagna e può quindi puntare, scrive il citato Rapporto “a consolidare anche il ruolo di scalo di riferimento per i vettori che gestiscono i grandi flussi dall’est Europa”.  Detto in altri termini: Rimini può puntare a diventare la porta d’ingresso dell’Est Europa.

L’Aeroporto di Miramare non è lontano dal centro della città, appena di8 km, e dista da alcune importanti città italiane: Milano331 km, Venezia 210, Ravenna 50, Bologna 110, Urbino 60, Firenze 180, Assisi 200, Roma 343.

La rete viaria, autostradale e locale,  fa sì che su un totale di circa 3.200.000 abitanti che possono raggiungere l’aeroporto in meno di un’ora e mezza, circa 550.000 (pari al 17%) sono compresi nella prima macro-fascia (0-30 minuti di percorrenza),  900.000 (il 28%) nella seconda (30-60 minuti) e 1,7 milioni  (il 55%) nella terza (60-90 minuti).

Per fare un confronto si consideri che nel tempo di percorrenza di 90 minuti l’aeroporto “Marconi” di Bologna può contare su un  bacino di utenza potenziale costituita da 8,8 milioni di abitanti, cioè più del doppio di Rimini, di cui 3,6 milioni sono in condizione di raggiungere l’aeroporto in meno di un’ora.

Limiti e vincoli

Sempre dal citato Atlante si legge che l’aeroporto “Fellini”, pur volendo, non può però espandersi più di tanto, per via delle urbanizzazioni (le costruzioni) che sono sorte, soprattutto nella zona che si estende da nord-ovest a sudest.

L’unica direttrice di sviluppo possibile rimarrebbe quella in direzione sud-ovest, in una zona agricola dove però, si dice, sono presenti numerosi insediamenti filiformi lungo le strade interpoderali. In alternativa, ci sono alcune aree militari dismesse, presenti a sud della pista.  Certo, aver autorizzato costruzioni a ridosso dell’aeroporto, e pretendere poi che questo possa ingrandirsi, non è stata una scelta visionaria.

Ii traffico

La storia del traffico passeggeri dell’aeroporto di Rimini non è mai stata molto lineare ed ha sempre avuto un andamento altalenante.  Negli anni settanta del secolo scorso era arrivato ad avere quasi mezzo milioni di viaggiatori, tra arrivi e partenze, soprattutto turisti stranieri, poi una discesa continua fino al minimo, rappresentato da meno di 170 mila passeggeri, toccato nel 1990, l’anno dopo le mucillagini.

La situazione non presenta miglioramenti significativi fino alla metà degli anni novanta, poi qualcosa comincia a muoversi e si arriva al duemila quando si risale a  240 mila passeggeri circa. Meglio del decennio precedente, ma ben al di sotto dei risultati raggiunti negli anni settanta. Ovviamente in questo periodo va messo in conto che anche il mercato turistico, quindi le destinazioni dei vacanzieri, è cambiato, sotto i colpi dei voli a basso costo.

Il traffico al “Fellini” riprende, ma fino alla metà del duemila è un rilancio debole, tanto che nel 2005 i passeggeri  sono appena 270 mila. Poi i numeri crescono, nel 2007 si tocca il mezzo milione, di nuovo discesa nei due anni successivi, infine un grosso balzo in avanti che porterà i passeggeri, prevalentemente internazionali trasportati con voli charter, a 920 mila nel 2011. Il massimo. Nel 2012  già si torna sotto gli 800 mila.

Comunque numeri importanti  che avrebbero dovuto essere accompagnati da bilanci positivi per la gestione di Aeradria, una società per azioni a maggioranza pubblica, ma così non è stato.

Nel gennaio 2013, all’aeroporto di Miramare sono transitati  poco meno di 28 mila passeggeri, con un calo del 42 per cento rispetto sullo stesso mese dell’anno precedente.  L’obiettivo di avere 1,5 milioni di  passeggeri per il 2015, certamente auspicabile,  non sarà una impresa facile.

Nella frenesia di accaparrarsi il maggior numero di collegamenti, non sono mancati i tentativi di istituire voli stabili di linea, nazionali e internazionali, ma per molti la durata è  stata breve. La ragione sta tutta nei numeri: 19 la media dei  passeggeri per i voli di linea nazionali,  111 per i charter internazionali (dati 2008). E le continue interruzioni non aiutano a fidelizzare i clienti.

Al Fellini è in forte caduta anche il traffico merci (i charter cargo), sceso da 5,8 mila tonnellate del2001 a 590 tonnellate nel 2012.

Certo, il vicino aeroporto di Forlì,  oggi  alla ricerca di un acquirente , sta anche peggio, dato che ha visto precipitare i suoi passeggeri da 722 mila del 2008 a 344 mila nel 2011, prativamente un dimezzamento.

I conti in rosso

Stando al bilancio di esercizio 2011, Aeradria, la società di gestione dell’aeroporto di Rimini, alla fine dell’anno aveva un debito di 13 milioni di euro con le banche, di 15 milioni con i fornitori (con un incremento di 8 milioni sull’esercizio precedente), più altri 7 milioni di “altri debiti” (verso Enac, Inps, tributi vari, ecc.), per un complessivo di circa 35 milioni di euro (contro i  25 milioni un anno prima).

Il problema è che da quando i militari hanno lasciato l’aeroporto, passaggio ufficializzato nel novembre del 2009,  tutti i costi e gli investimenti ricadono sulla gestione civile, e non sono pochi. Ci sono da sistemare la pista, la torre di controllo e il terminal, tutte cose che costano.

Nel periodo 2006-2011 sono stati eseguiti investimenti, tra sistemazione dell’aerostazione, impianti e attrezzature, per 20 milioni di euro. Ma non bastano, perché nel periodo 2012-2015  sono previsti ulteriori investimenti per altri 12 milioni di euro.  Chi paga ? Tutto o in parte i soci:  la Provincia di Rimini che ha il  35 per cento, il Comunedi Rimini il18 per cento, che insieme fanno quindi la maggioranza, poi  la Camera di Commercio il 12 per cento, la Regione, RiminiFiera e altri

L’ultimo aumento di capitale, richiesto ai soci, di sette milioni di euro è stato deliberato nel giugno  2012, ma non basta. Così in contemporanea sono state avviate le pratiche per un mutuo ventennale di 21 milioni di euro, ma le banche nicchiano, visto lo stato di salute dell’Azienda, e al momento non se ne è fatto niente.

Nel frattempo Rimini holding, la società del Comune di Rimini che detiene la partecipazione, verserà nelle casse esauste della società  1,267 milioni di euro, mentre RiminiFiera e Camera di Commercio si sono dette disponibili a sottoscrivere altri 3 milioni di euro (metà a testa) e il Comune di Riccione 319 mila euro.  Ma non è finita, perché se non ci saranno intoppi, Comune e Provincia di Rimini dovranno versare, entro il 2014, altri 3 milioni di euro. Di questi tempi non sono pochi.

Operativamente l’aumento dei passeggeri ha portato ad una leggera diminuzione delle perdite, che  restano comunque alte. A fine 2010 la  perdita operativa è stata di 2,6 milioni di euro, ma il rosso complessivo del conto economico che comprende anche gli investimenti realizzati è arrivato a 7,6 milioni di euro. Nel 2011 c’è stata una ulteriore perdita di 1,3 milioni di euro, che porta il deficit totale a 6,2 milioni di euro, migliorando di poco i dati di un anno prima.

Il Collegio sindacale e la società di revisione dei conti Deloitte&Touche hanno espresso però più di una riserva su alcune voci di bilancio, tipo crediti irrintracciabili, e non è detto che il rosso sia definitivo.

Poi qualche spesa effettivamente risulta un po’ stonata,  come i 280 mila euro sborsati  per censire gli uccelli presenti nei pressi delle piste (Repubblica del 2 marzo 2013).

Per il 2012 è stato annunciato il pareggio, ma l’obiettivo sembra alquanto difficile da conseguire, anche per la perdita di passeggeri provocata dalla cancellazione di diversi collegamenti.  Il 22 settembre scorso, infatti, Ryanair ha compiuto gli ultimi due voli perla Gran Bretagnaela Germania. Sarebberodovuti ripartire prima di Natale, ma non è accaduto. Nel 2012 Ryanair, che con i suoi voli ha portato al Fellini circa 130 mila passeggeri,  ha versato, per i servizi di terra, alle casse di Aeradria 900 mila euro, ma ne ha incassati, dalla medesima, 1,7 miliardi, con un saldo a suo favore di 800 mila euro, in pratica sei euro puliti, escluso il biglietto, per passeggero trasportato.  Per Aeradria sono spese di promozione e marketing, ma in verità è il corrispettivo di volumi di traffico garantiti. Sono le regole d’ingaggio delle compagnie a basso costo,  e così fanno quasi tutti i piccoli aeroporti per garantirsi collegamenti nazionali e internazionali.  Questo vuol dire che quando gli aerei viaggiano pieni va tutto bene, altrimenti sono perdite, che le società aeroportuali devono accollarsi. E se queste sono a maggioranza pubbliche a pagare saranno chiamati tutti i contribuenti, e in alcuni casi anche i fornitori.  Questi ultimi, vista la montagna di debiti accumulati,  se va bene riceveranno una frazione del dovuto (si parla di un terzo), perché dal novembre scorso Aeradria ha dovuto portare i libri in Tribunale e chiedere un “concordato di continuità”, con l’obbligo di presentare, entro marzo, un piano industriale di rientro e di sviluppo.  Di fatto un fallimento,  senza fallire definitivamente.  Bisogna dire che non è stato un gran risultato, dopo tanti investimenti fatti e i trionfali annunci di obiettivi  raggiunti.

In tanto è iniziata la ricerca di partner privati, in vista di una possibile privatizzazione, che il recente inserimento, da parte del Ministero dell’economia, tra i 31 aeroporti di serie “A” cui saranno garantiti concessioni e finanziamenti pubblici, rende più praticabile. Perché è evidente che l’economia e i contribuenti locali non possono continuare a finanziare, senza nulla togliere all’importanza dell’aeroporto, una infrastruttura che accumula perdite anno dietro anno.  La sfida è ardua perché non sono tanti, in Italia, gli aeroporti civili che riescono a far quadrare i conti. Soprattutto i piccoli.  Così, se l’aeroporto “Fellini” di Miramare è una infrastruttura strategica  bisognerà cercare che diventi un investimento che genera e non brucia ricchezza del territorio. Questo deve essere un punto fermo, perché i tempi non consentono altrimenti. In questa ottica un cambiamento di gestione è più che opportuno.